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T.A.R. Lazio Sez IIquater sent. n. 8233 del 10 settembre 2008

 
La comunicazione giunta via fax deve presumersi giunta al destinatario quando il rapporto di trasmissione indica che questa sia avvenuta regolarmente, senza che colui che ha inviato il messaggio debba fornire alcuna ulteriore prova, spettando semmai al destinarlo l’onere di provare la mancata ricezione del fax a causa di una difetto di funzionamento dell’apparecchio (leggi la sentenza-pdf).

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Tribunale penale Catanzaro decreto 30 agosto 2004

 

Tribunale Penale di Catanzaro
Sezione feriale
Decreto 30 agosto 2004, n. 206
 
Il Presidente,
letta l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato formulata, nell’ambito del procedimento penale 2722/04 Rgnr Mod. 21 e 2394/04 Rggip, da XXX, nato a XXX il XXX ed ivi residente;
dato atto:
che, nel corpo della istanza, il richiedente, oltre alle dichiarazioni impegnative nei termini e nei modi di legge, designa come difensore e procuratore speciale l’avv.Concetta Nunnari, del foro di Catanzaro;
- che, all’istanza è allegato l’atto di nomina difensiva e di procura speciale;
letta la richiesta difensiva:
- di disapplicazione dell’articolo 81 Dpr 115/02, disposizione che precluderebbe la designazione del difensore medesimo, sul pacifico presupposto che il legale nominato non risulta iscritto nello specifico elenco degli abilitati al patrocinio;
- di ammissione al beneficio ferma restando la avvenuta designazione del difensore, tanto in virtù del delineato preminente principio di diritto comunitario di “libera scelta difensiva”, con ogni ulteriore statuizione in ordine alla futura corresponsione degli onorari;
disposta la acquisizione degli atti del procedimento;
dato atto che il fascicolo procedimentale è pervenuto in data 25 agosto 2004;
valutate le risultanze degli atti ed interpretate le disposizioni normative richiamate
Osserva e rileva
1. XXX, indagato nel procedimento penale n. XXX, ha formulato istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ed ha designato l’avv. Concetta Nunnari, del foro di Catanzaro, quale proprio difensore e procuratore speciale, presso il cui studio ha eletto domicilio ai soli fini delle comunicazioni inerenti il patrocinio a spese dello Stato.
Il legale nominato non è iscritto nell’elenco degli abilitati alla specifica difesa, situazione che, intendendosi la iscrizione come requisito legittimante, precluderebbe, secondo rigorosa interpretazione, l’accesso al beneficio e, per quel che interessa in questa sede, la liquidazione degli onorari difensivi a carico dello Stato.
Al riguardo, le disposizioni di diritto interno sono note. Ai sensi dell’art. 80 del Dpr 115/02, chi è ammesso al patrocinio a spese dello Stato può nominare un difensore “scelto tra gli iscritti negli elenchi degli avvocati istituiti presso i Consigli dell’Ordine del distretto di Corte di Appello” nel quale ha sede il magistrato competente; il successivo art. 81 prescrive che l’elenco debba essere formato dagli avvocati che ne fanno domanda e che siano in possesso dei particolari requisiti tra i quali “l’anzianità professionale non inferiore a sei anni”.
Tanto chiarito in fatto e in diritto, il difensore pone l’interrogativo circa la conformità o meno della normativa in parola alle norme internazionali e, segnatamente, al parametro fornito dall’art. 189 del Trattato Cee (omissis).
2. E’ noto che la questione sulla legittimità costituzionale della normativa in esame, sollevata relativamente alla istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata da un imputato che aveva indicato, quale difensore di fiducia, un avvocato iscritto all’albo da meno di sei anni e, quindi, non in possesso di uno dei requisiti per l’iscrizione allo speciale elenco, è stato sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale in relazione agli articoli 3 (sotto il profilo delle parallele discipline sulla difesa nel processo penale e, segnatamente, in materia di difesa di ufficio) e 24 Costituzione (sotto il profilo della limitazione al diritto di difesa, inteso come diritto di scegliere liberamente il difensore).
La questione è stata dichiarata manifestamente infondata con sentenza 299/02 in virtù:
a)      dell’esigenza di particolare dignità e qualità professionale secondo parametri rientranti nella discrezionalità legislativa, nella prospettiva dell’esercizio di una prestazione avente connotazioni e riflessi peculiari di carattere pubblicistico, connessi alla natura del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, in relazione al quale, per un verso, vengono impiegate risorse economiche della collettività e la cui necessità, sotto altro profilo, origina da una situazione di debolezza economica del singolo;
b)      del rispetto del diritto di difesa, assicurato,comunque, dall’ampia possibilità di scelta.
3. La prima questione, di rilevanza strettamente giuridica, si pone in termini di rapporti tra diritto comunitario e diritto interno.
Essa va risolta nel senso che il giudice nazionale, nel concorso conflittuale tra le disposizioni di diritto comunitario e di diritto interno, ha l’obbligo di garantire la piena efficacia delle prime, disapplicando, all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante revisione costituzionale (cfr. articolo 189 del Trattato CEE e costante giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, tra le quali, Corte di Giustizia, sentenza 106/77 Simmenthal / Ministero delle Finanze).
In tal senso è ormai consolidamente orientata anche la Suprema Corte, la quale ha stabilito che l’adattamento dell’ordinamento nazionale alle norme contenute nei regolamenti comunitari è immediato ed automatico, tanto perché le norme comunitarie godono di una particolare forma di resistenza nei confronti della legislazione nazionale posteriore (Cass., 1200/86 e Cass.S.U. 2461/87 e, più recentemente, Cass. 9983/99)
4. Tanto chiarito, la seconda questione concerne la interpretazione e la portata delle regole comunitarie richiamate nell’istanza.
Dette regole, non solo rimarcano l’inviolabilità del diritto di difesa (principio di notoria rilevanza costituzionale interna, concernente il profilo impersonale e funzionale dell’istituto), ma esplicitano l’altro principio (personale e soggettivo) della “libera scelta” distinguendo la difesa di fiducia dalla prestazione di ufficio gratuita, in situazione di non abbienza (se non ha i mezzi per ricompensare un difensore) e quando lo esigano gli interessi della giustizia (testualmente art. 6 comma 3 lettera c) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali).
Analogamente dispone il patto internazionale dei diritti civili e politici che, all’art. 14 comma 3 lettera d), ribadisce la prerogativa della scelta difensiva e la surrogatoria assegnazione di un difensore di ufficio, a titolo di gratuito, “se egli non dispone di mezzi sufficienti per compensarlo”.
5. In breve, in tutte le convenzioni recepite con leggi dello Stato, si vuole che la difesa tecnica sia affidata ad avvocato insindacabilmente scelto dal soggetto interessato, non rinvenendosi, invero, alcuno sbarramento o limitazione all’accesso della difesa gratuita (specie in sede penale) del non abbiente, che sia correlato a parametri di “anzianità professionale” del difensore o dell’iscrizione di quest’ultimo in “speciali elenchi”.
Il principio di libertà di scelta esclude la presenza di delimitazioni o di condizionamenti che siano aggiuntivi alla qualità di avvocato iscritto nell’albo ed abilitato all’esercizio professionale.
Rileva, invece, la scelta del difensore quale atto personalissimo e fiduciario dell’individuo, il quale deve essere messo in condizione di affidare la propria difesa a professionista di suo gradimento indipendentemente dall’iscrizione di quest’ultimo in appositi e selettivi elenchi (tanto più, si nota incidentalmente, allorché la materia del decidere sia, come nel caso in esame, di comune rilievo processuale).
Non può sottacersi che, mentre il cittadino europeo non abbiente e residente in altri paesi membri, che si trova nella condizione di dover ricorrere allo Stato per il pagamento del proprio avvocato, vede garantito il proprio diritto sul presupposto che la nazione di appartenenza ha recepito le disposizioni convenzionali e comunitarie, il cittadino italiano viene invece privato di tale prerogativa sulla base di una legge che regolamenta l’accesso al beneficio della difesa gratuita, ponendo il soggetto di fronte a condizioni limitative, come tali contrastanti con il diritto internazionale patrizio.
Sotto tale profilo la normativa, ora riprodotti negli articoli 80 e 81 del T.U. in materia di spese di giustizia appare in contrasto con le succitate norme di diritto internazionale, patrizio e comunitario.
Pertanto, alla luce di quanto esposto ed argomentato, in applicazione alla normativa richiamata, previa dichiarazione di disapplicazione del combinato disposto degli articoli 80 e 81 Dpr 115/02, l’indagato va ammesso al beneficio richiesto e con il patrocinio del difensore designato, con ogni consequenziale provvedimento di legge, anche in ordina alla futura corresponsione degli onorari al difensore della persona ammessa al beneficio.
P.Q.M.
Ammette XXX, indagato nel procedimento penale XXX, al beneficio del patrocinio a spese dello Stato e, previa dichiarazione di disapplicazione del combinato disposto degli art. 80 e 81 Dpr 115/02, con il patrocinio del difensore designato, avvocato Concetta Nunnari, alla quale specificamente compete, alle condizioni legali, la corresponsione degli onorari dovuti.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Tribunale di Padova - Sezione penale - ordinanza 17 luglio 2004, n. 200 - Giudice Fabiani

Tribunale di Padova - Sezione penale - ordinanza 17 luglio 2004, n. 200 - Giudice Fabiani
 
Il difensore d'ufficio di imputato non irreperibile ha diritto ad ottenere dallo Stato la liquidazione dei compensi per l'attività defensionale svolta nel processo penale, ma non anche la rifusione delle spese e degli onorari relativi alle procedure che abbia dovuto inutilmente esperire in sede civile per il recupero del credito professionale nei confronti del suo assistito.
 
Premesso che
 
Il Tribunale di Padova ha liquidato in favore dell'opponente la somma di euro 1474,45, oltre ad accessori di legge, per gli onorari e le spese della difesa d'ufficio escludendo la liquidazione dell'ulteriore somma di euro 2783,86 richiesta per onorari e spese relative alla procedura di recupero in sede civile del credito professionale, inutilmente esperita.
La mancata liquidazione delle spese per la procedura di recupero del credito, che costituisce l'unica questione dedotta con l'atto di opposizione, è stata motivata con il ricorso congiunto ad argomenti interpretativi di ordine letterale, logico e sistematico;
dal punto di vista letterale il Tribunale osserva che le parole usate dal legislatore nell'articolo 116 ("l'onorario e le spese spettanti al difensore") sono identiche a quelle dell'articolo 82 (liquidazione degli onorari per i difensori delle persone ammesse al gratuito patrocinio), dell'articolo 1115 (onorari dei difensori degli imputati ammessi ai programmi di protezione), e dell'articolo 117 (onorari dei difensori degli imputati irreperibili): alla medesimezza delle espressioni letterali non può che corrispondere un'identità di concetti nel senso che in tutti i casi le somme liquidabili in favore del difensore sono soltanto quelle relative ai compensi per l'attività prestata nell'ambito del procedimento penale;
dal punto di vista sistematico si rileva che la disciplina agevolativa delle procedure per il recupero dei crediti professionali del difensore di ufficio nel processo penale è specificamente delineata dall'articolo 32, comma 1, delle disposizioni attuative del c.p.p. (norma ancora in vigore in base all'articolo 299 del Dpr 115/02) che prevede soltanto l'esenzione da imposte, bolli e spese;
dal punto di vista logico il citato articolo 116 del decreto sulla disciplina delle spese di giustizia si pone come eccezione al principio generale secondo il quale il difensore d'ufficio dell'indagato, dell'imputato e del condannato deve essere retribuito dalla persona in favore della quale è prestata la sua attività professionale (articolo 31 disp. att. c.p.p. e 369bis del c.p.p.): in quanto norma eccezionale essa non può ricevere un'interpretazione estensiva; se interpretata diversamente la norma in esame sarebbe infine manifestamente irragionevole posto che le spese per le procedure di recupero possono essere molto più elevate degli onorari maturati per la difesa nel procedimento penale (come puntualmente accaduto nel caso di specie); che il loro concreto dimensionamento è in definitiva rimesso alle scelte insindacabili del difensore sulla natura e tipologia della procedura da intraprendere; che infine esse sono destinate di fatto a restare a carico dello Stato essendo più che aleatorie le reali possibilità di recupero nei confronti del debitore inutilmente esecutato; l'avvocato Pucci si oppone al decreto del Tribunale richiedendo la liquidazione di spese onorari e diritti relativi al recupero del credito di euro 2111,45 (oltre ad accessori di legge), comprensiva delle spese di domiciliazione (euro 234,45) presso l'Avvocato Marco Severgnini per le notifiche eseguite nel circondario del Tribunale di Crema competente per l'esecuzione in danno del debitore Limongello;
secondo l'opponente, essendo il diritto del difensore d'ufficio ad ottenere dallo Stato l'anticipazione delle spese e dei compensi per l'attività svolta nel processo penale, condizionato all'infruttuoso esperimento delle procedure esperite in sede civilistica per il recupero del suo credito professionale nei confronti del debitore/cliente, la norma in esame deve essere necessariamente interpretata nel senso che al difensore spetti altresì la liquidazione dei compensi relativi a quelle procedure;
una opposta interpretazione infatti, si porrebbe in contrasto con l'articolo 36 della Costituzione perché la retribuzione del difensore non sarebbe adeguata all'impegno professionale complessivamente dispiegato e finirebbe comunque con il vanificare la ratio dell'articolo 116 del Dpr 115/02, che è quella di assicurare l'effettività della difesa d'ufficio garantendo la retribuzione del difensore;
evidenziando inoltre il parallelismo con la questione decisa dalla Corte Costituzionale con l'ordinanza 348/03 l'avv. Pucci sostiene poi che disconoscere i compensi spettanti al difensore d'ufficio in rapporto all'attività processual-civilistica posta in essere per provare l'incapienza del proprio debitore non irreperibile, comporterebbe una immotivata sperequazione a favore del difensore d'ufficio di persona irreperibile che può ottenere subito il suo compenso senza nulla dover fare in quanto i presupposti della liquidazione a suo favore (cioè l'irreperibilità) viene accertata dagli organi giudiziari a norma dell'articolo 159 c.p.p.;
sempre al fine di sostenere l'esattezza della tesi prospettata, l'opponente pone in risalto che lo Stato, nell'attività di recupero verso l'imputato delle somme anticipate al suo difensore d'ufficio, ha a disposizione strumenti molto più efficaci di quelli del difensore stesso il quale non ha accesso, se non con possibilità molto limitata e comunque con impegno spropositato, ai sistemi informativi di uffici, enti ed istituti (Ufficio del lavoro, conservatoria dei registri immobiliari, Pra, cancellerie degli uffici giudiziari, circuito creditizio ed assicurativo) che detengono le informazioni indispensabili per una efficace azione di recupero;
all'atto di opposizione sono anche allegati tre decreti emessi da differenti giudici del Tribunale di Padova in data 25 ottobre 2003, 31 marzo 2003 e 2 febbraio 2004 che hanno liquidato in favore dell'opponente, come difensore d'ufficio in altri procedimenti, i compensi per le procedure esperite in sede civile per il recupero del credito professionale; nonché un'ordinanza in data 18 luglio 2002 del Tribunale monocratico di Roma nella quale si fa riferimento alla necessita per l'Erario di anticipare al difensore d'ufficio anche le spese e gli onorari per la procedura di recupero prescelta.
 
Osserva
 
Nessun significativo parallelismo può in primo luogo ravvisarsi con la questione di legittimità dell'articolo 117 del Dpr 115/02, sollevata dal Tribunale di Pisa e ritenuta dalla Corte Costituzionale (con l'ordinanza 348/03) manifestamente inammissibile perché il giudice a quo non aveva verificato la possibilità di pervenire in via interpretativa ad una soluzione tale da risolvere in senso conforme all'articolo 3 della Costituzione la prospettata disparità di trattamento, quanto alla liquidazione dei compensi, tra il difensore d'ufficio dell'imputato dichiarato irreperibile nel processo penale ex articolo 159 del codice di rito (c.d. "irreperibile di diritto") ed il difensore d'ufficio dell'imputato la cui irreperibilità sia sopravvenuta (irreperibile "di fatto"). Ed in effetti, al riguardo, tenuto conto della sostanziale equiparazione quoad effectum, nel vigente sistema processuale, delle due forme di irreperibilità, è del tutto ragionevole interpretare il richiamato articolo 117 del T.U. sulle spese di giustizia nel senso che i compensi per la difesa nel processo penale spettino anche al difensore d'ufficio dell'irreperibile "di fatto"; interpretazione peraltro, già accolta dalla Corte di Cassazione con la sentenza 32284/03 (Ced Cassazione Civile rv 225117). Ma tale soluzione interpretativa, tutta interna alla disciplina di cui all'articolo 117 del T.U., non influisce sulla diversa questione prospettata nel presente giudizio, che riguarda il diritto del difensore d'ufficio di imputato non irreperibile ad ottenere in via anticipatoria dallo Stato, oltre alla liquidazione dei compensi per l'attività defensionale svolta nel processo penale, anche quella di diritti, spese ed onorari relativi alle procedure che, in base a quanto previsto dall'articolo 116 del T.U., abbia dovuto esperire in sede civilistica, per il recupero del credito professionale nei confronti del suo assistito.
Per la soluzione di tale questione possono essere formulati due distinti ordini di considerazioni.
Il primo di essi attiene all'individuazione di quella che deve ritenersi, alla stregua dei consueti criteri ermeneutici l'interpretazione più corretta dell'articolo 116, secondo il quale, come è noto, "gli onorari e le spese spettanti al difensore d'ufficio (ed il riferimento è ovviamente, tenuto conto di quanto disposto dall'articolo successivo, al difensore d'ufficio di persona non irreperibile) sono liquidati dal magistrato nella misura e con le modalità previste dall'articolo 82 quando il difensore dimostri di aver inutilmente esperito le procedure per il recupero dei crediti professionali".
Sotto tale primo aspetto si ritiene pienamente condivisibile la conclusione cui è pervenuto il Tribunale di Padova sulla base delle sopra esposte argomentazioni di tipo letterale, logico e sistematico.
Ad esse può aggiungersi, sviluppando uno degli argomenti presi in esame dal Tribunale, che la presenza di una norma agevolativa come quella di cui all'articolo 32, comma 1 delle disposizioni di attuazione del c.p.p., sembra presupporre di per sé una regola secondo la quale gli oneri economici afferenti alle procedure intraprese dal difensore di ufficio per il recupero dei crediti professionali siano destinati, in via generale, a restare a carico del professionista; solo così infatti l'agevolazione ha un suo senso logico compiuto, perché se gli oneri predetti, nel caso di esito infruttuoso delle procedure dovessero essere anticipate dallo Stato, l'esenzione da spese e imposte costituirebbe, direttamente od indirettamente, nulla più che una mera partita di giro.
Né, per altro aspetto, l'interpretazione accolta appare incompatibile sul piano logico, come sostenuto dall'avvocato Pucci, con la ratio legis che pure è sicuramente quella di conferire maggiore effettività alla difesa di ufficio nel processo penale.
E' agevole infatti rilevare che la scelta innovativa di addossarne all'erario l'onere economico ponendo a carico dello Stato l'obbligo di garantire la corresponsione dei compensi spettanti al difensore, operata dal legislatore con l'articolo 17 della legge 60/2001 (che ha sostituito l'articolo 32 delle disposizioni di attuazione del c.p.p., poi sostanzialmente trasfuso, ad eccezione del suo comma 1, nell'articolo 116 del T.U. sulle spese di giustizia), può ben essere sottoposto, dal punto di vista logico (così come da quello della conformità alle norme costituzionali) a condizioni e a limiti nella sua operatività e nei suoi contenuti.
Ed anzi solo con tali limiti e condizioni la disposizione in esame può porsi come punto di equilibrato contemperamento tra l'esigenza di assicurare l'effettività della difesa d'ufficio e l'esigenza, contrapposta alla prima, ma avente pari livello primario, di evitare un'eccessiva dilatazione degli oneri economici gravanti sul bilancio dello Stato.
Se è vero infatti che il difensore d'ufficio non potrà ottenere dallo Stato l'anticipazione delle competenze relative alle procedure intraprese in sede civile per il recupero del suo credito professionale, è altresì vero che l'onere economico a suo carico è in definitiva ragionevolmente limitato posto che le procedure in questione sono del tutto esenti da imposte e spese e che il difensore è tecnicamente e professionalmente qualificato ad esperirle in proprio, sicché non è costretto ad effettivi e diretti esborsi pecuniari, salvo eventuali e comunque limitate ipotesi di domiciliazione obbligatoria.
Quanto poi agli ostacoli di ordine pratico che il difensore d'ufficio può incontrare per porre in essere un'efficace azione di recupero del credito professionale, le considerazioni svolte dall'avvocato Pucci non rilevano per la soluzione del problema interpretativo di cui al presente giudizio di opposizione; fermo restando che di esse può e deve tenersi conto in relazione al quantum di prova ragionevolmente esigibile ai fini della dimostrazione di un infruttuoso esperimento delle procedure intraprese.
E' appena il caso di notare che le contrarie statuizioni di alcuni giudici di merito, anche del Tribunale di Padova, contenute nei decreti di pagamento prodotti dall'opponente a sostegno della sua tesi, così come pure dell'ordinanza 19 luglio 2002 del Tribunale di Roma, sono del tutto prive della benché minima motivazione e dimostrano in modo evidente che i giudici liquidatori non si sono neanche posti il problema interpretativo; sul quale d'altronde non risulta allo stato essersi delineato alcun indirizzo della giurisprudenza di legittimità.
L'articolo 116 del Dpr 115/02, deve dunque essere interpretato, a parere del giudicante, nel senso che esso non prevede l'anticipazione da parte dello Stato, delle competenze spettanti al difensore d'ufficio per le procedure esperite in sede civile per il recupero del suo credito professionale.
Vi è però un secondo aspetto della questione, pure prospettato dall'opponente, concernente la compatibilità di tale interpretazione dell'articolo 116 del T.U., e della disciplina che da essa discende, con alcuni principi della Costituzione.
In particolare, come riferito nelle premesse, l'avvocato Pucci sostiene che l'interpretazione accolta finisce per violare il diritto alla retribuzione costituzionalmente garantito dall'articolo 36 e costituisce una immotivata sperequazione a vantaggio del difensore d'ufficio di persona irreperibile (articolo 117 del T.U.) il quale può ottenere il suo compenso per l'attività professionale svolta nel processo penale, senza essere costretto ad un previo tentativo di recupero del suo credito, i cui oneri economici sono destinati a rimanere a suo carico.
Ad opposte conclusioni deve tuttavia pervenirsi sol che si consideri ancora una volta quelle che sono le linee generali dell'impianto normativo in materia di costi della difesa d'ufficio nei processi penali.
Al di fuori dei casi in cui ricorrono le condizioni per l'ammissione al patrocinio cosiddetto gratuito (articolo 76 del T.U. più volte citato), resta fermo il principio che i compensi spettanti al difensore d'ufficio devono essere corrisposti dalla persona a favore della quale l'attività defensionale è stata prestata, persona che rimane dunque il soggetto passivo principale della relativa obbligazione (articolo 31 delle disposizioni di attuazione e 369bis lettera d) del c.p.p.).
Poiché però la difesa d'ufficio rappresenta un rilevante interesse collettivo, essa viene disciplinata per alcuni aspetti (obbligatorietà dell'ufficio; necessità dell'iscrizione in appositi elenchi delle persone chiamate a svolgere l'incarico) come una funzione pubblica e lo Stato se ne addossa gli oneri economici, anticipando i compensi spettanti al difensore e riservandosi il diritto di ripeterli nei confronti del principale obbligato.
L'intervento dello Stato è tuttavia sussidiario e limitato; sussidiario perché la sua operatività è condizionata all'impossibilità per il difensore di ottenere il pagamento del suo credito dal cliente/debitore; e limitato perché i compensi non possono esser liquidati in misura eccedente i valori medi tariffari e perché il difensore assume l'onere, anche economico, di dimostrare l'impossibilità di riscuotere il suo credito con le procedure di recupero civilistiche (peraltro agevolate con esenzione da spese imposte e bolli).
Nell'ambito di tale sistema appare non appropriato il riferimento dell'avvocato Pucci alla tutela del proprio diritto costituzionale alla retribuzione per l'attività professionale svolta come difensore d'ufficio; tale diritto è infatti adeguatamente tutelato, non diversamente d'altronde da quanto avviene per ogni altro lavoratore autonomo o subordinato, mediante l'imposizione a carico di chi fruisce della prestazione lavorativa, dell'obbligo giuridico di corrispondere al professionista il compenso, determinato in conformità alla tariffe professionali, anche in relazione all'ulteriore attività professionale dispiegata per il soddisfacimento in via coattiva del suo credito;
che poi il concreto realizzo del diritto di credito del difensore d'ufficio possa essere impedito dalle condizioni di solvibilità del suo debitore, è evenienza anch'essa comune ad ogni situazione giuridica patrimoniale; con la peculiare differenza che, per il rilevante interesse pubblicistico inerente all'effettività delle difese d'ufficio, nel caso di impossibilità di recupero del credito, lo Stato interviene assumendosi l'onere di anticipare al difensore il compenso dovutogli, nei limiti previsti per il patrocinio dei non abbienti, surrogandosi nelle sue ragioni di credito verso l'assistito insolvente.
Sicché, anche considerando che l'onere economico di dimostrare l'impossibilità del recupero grava sul difensore, il suo diritto alla retribuzione risulta rafforzato e non certamente sminuito dal sistema sopra delineato.
Quanto infine al più favorevole trattamento riservato al difensore di persona irreperibile, esso deriva dalla scelta del legislatore di considerare la situazione di irreperibilità di per sé dimostrativa dell'inutilità di esperire, finché tale stato perdura, procedure esecutive nei confronti dell'irreperibile; e della conseguente determinazione di esentare il difensore da ogni onere di dimostrazione tramite tentativi di recupero destinati a rimanere infruttuosi. Si tratta di una scelta non estranea al nostro sistema normativo (v. ad esempio, l'articolo 219 dello stesso T.U.) e certamente non ingiustificata ove si consideri la macchinosità delle procedure civilistiche di recupero crediti nei confronti di persone irreperibili e soprattutto ove si consideri quello che è, nella stragrande maggioranza dei casi, l'esito di tali procedure quando siano poste in essere.
Analoga presunzione di impossibilità di recupero del credito professionale e di conseguente inutilità dell'esperimento delle procedure esecutive, non può invece essere ragionevolmente formulata nei confronti di persona che sia reperibile, e che non abbia chiesto ed ottenuto l'ammissione al patrocino; ed è proprio per tale diversità di presupposti che appare del tutto giustificata la differente disciplina delineata dall'articolo 116 del T.U.
Anche sotto tale ultimo aspetto pertanto l'opposizione proposta dall'avvocato Pucci non può essere accolta.
 
PQM
 
Visti gli articoli 84 e 170 del Dpr 115/02 rigetta l'opposizione proposta dall'avvocato Enrico Pucci avverso il decreto di liquidazione compensi emesso il 12 febbraio 2004 dal Tribunale di Padova.
Si notifichi agli interessati.
 
 
 
 
 
 

 

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Tribunale civile Catanzaro decreto 17 giugno 2004

 

Tribunale di Catanzaro
Decreto 17 giugno 2004
Presidente Greco
Ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato il giudice non è tenuto ad esaminare se l’avvocato che il non abbiente intenda nominare sia o meno iscritto nello speciale elenco, in quanto la scelta dell’avvocato è successiva all’ammissione al beneficio.
 
Decreto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato (artt. 124,125, 126 e 127 Dpr 115/02).
Il Presidente del Tribunale, letta l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, depositata in cancelleria il 25 maggio 2004 ex artt. 78, 79 e 126 Dpr 115/02, da XXX, nata a XXX il XXX e ivi residente in XXX, quale parte convenuta nel procedimento civile per scioglimento del matrimonio, iscritto al n.XXX, introdotto da XXX davanti al Presidente del Tribunale;
rilevato che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro, al quale l’istante aveva chiesto l’ammissione ai sensi dell’art 81 dello stesso decreto sul presupposto che il difensore incaricato “non è annoverato nello speciale elenco previsto in detta norma, che è tuttora vigente e non può ritenersi abrogata da ordinanze”
Osserva
1. Sussistono tutti i requisiti di ammissibilità dell’istanza previsti dagli artt. 76, 78 e 79 del citato decreto presidenziale; la non manifesta infondatezza della pretesa che l’interessato intende far valere nel giudizio sopraindicato; le condizioni reddituali; sicchè la domanda di ammissione deve essere accolta.
2. La questione afferente la nomina del difensore di fiducia da parte di chi viene ammesso al gratuito patrocinio esula dalla valutazione del giudice che concede il beneficio. Secondo la disposizione di cui all’art. 80 del menzionato decreto, la nomina, infatti, segue l’ammissione e non viceversa; e non è dato rinvenire nella normativa in esame alcuna disposizione che attribuisca al giudice concedente il potere di escludere o condizionare la concessione del patrocinio alla nomina di un legale determinato.
3. Solo per completezza di motivazione è appena il caso di considerare, in armonia con le decisioni citate dal difensore dell’istante, che la nomina di un difensore non iscritto nello speciale elenco o avente anzianità inferiore a sei anni non incide sul diritto dell’istante ad ottenere, ricorrendo le condizioni previste dalla legge, la concessione del beneficio, in quanto:
-la fattispecie non è prevista dalla legge come causa di inammissibilità dell’istanza di ammissione o di esclusione del patrocinio;
-il citato Dpr, quando disciplina il pagamento degli onorari spettanti al difensore nominato dall’ammesso al gratuito patrocinio, si limita a regolare le modalità della liquidazione, senza nessun accenno “ai connotati normativi del difensore” e senza escludere dalla liquidazione il non iscritto negli speciali elenchi;
- la norma di cui all’art. 80 comma 1 del citato decreto non “limita il diritto di scelta del difensore di fiducia in pregiudizio delle persone ammesse al beneficio, ma adempie la diversa funzione di rendere effettiva ed agevole l’attuazione dell’istituto attraverso la costituzione di pubblici elenchi di professionisti, sicuramente disponibili, per avere fatto l’apposita domanda, ad assumere, in favore dei non abbienti, il ministero difensivo, che gli altri avvocati, anche in considerazione della sensibile decurtazione degli onorari prescritta dall’art. 82 dello stesso decreto, potrebbero rifiutare.
P.Q.M.
Visti gli artt. 126 e 127 Dpr 30 maggio 2002, ammette XXX, quale parte convenuta nel giudizio iscritto al nrg XXX, al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di rito ai sensi dell’art.127 del citato decreto.
 
 

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Tribunale Roma, 08 aprile 2004

Tribunale Roma, 08 aprile 2004
 
(Omissis ). Vista l'istanza di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato datata 1 aprile 2004 e depositata il 6 aprile 2004 in cancelleria nell'interesse di Carlo Rienzi nella qualità di presidente del Codacons (Coordinamento delle Associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) quale parte civile nel procedimento penale n. 9330/04 R.G. Dib. a carico di L., R. e Z.;Visti gli atti del procedimento penale sopra indicato, definito con sentenza all'udienza 6 aprile 2004;Rilevato preliminarmente, in ordine alla ammissibilità dell'istanza, che la disciplina relativa al patrocinio a spese dello Stato nel processo penale non prevede tra gli eventuali beneficiari come invece previsto dall'art. 119 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per la parte della stessa disciplina relativa alle disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, amministrativo contabile e tributario;Rilevato che la previsione citata di cui all'art. 119 non è applicabile in via analogica nell'ambito del processo penale giacché il legislatore ha ritenuto di disciplinare in modo diverso tale materia agli art. 90, 91 e 92 d.P.R. n. 115 del 1992 nel titolo gemello relativo alle disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale, diversità peraltro giustificata e collegata alla difformità dei presupposti e delle condizioni;Rilevato ancora, sempre in ordine all'ammissibilità, che il difensore designato è legittimato solo ad autenticare la sottoscrizione dell'istanza di ammissione al beneficio (art. 78 d.P.R. n. 115 del 2002), ma non anche della dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell'interessato, di cui all'art. 79 d.P.R. n. 115 del 2002, che deve essere effettuata nel rispetto delle disposizioni previste dagli art. 46 e 47, in relazione all'art. 38 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, procedura da seguire anche se l'autocertificazione sia incorporata nell'istanza (v., da ultimo, Cass., sez. IV, 11 giugno-1 settembre 2003, n. 34914);Verificato che nel caso di specie le modalità indicate non risultano adempiute con la conseguenza del difetto di sottoscrizione della dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell'interessato;Rilevato altresì, quanto al contenuto dell'istanza, l'assoluto difetto delle indicazioni relative alla sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione, tenuto conto anche dei redditi esenti da imposta o soggetti a ritenuta alla fonte o ad imposta sostitutiva (v. art. 76 d.P.R. n. 115 del 2002): è evidente infatti che anche le associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economiche ben possono avere la concreta disponibilità di denaro, di immobili e di mezzi tali da escludere la concessione del beneficio;Ritenuto, pertanto, di dover dichiarare l'inammissibilità della richiesta in premessa indicata; (Omissis ).
 
 

 

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TRIBUNALE ORDINARIO DI CATANZARO II SEZIONE PENALE 5 nov 2003

TRIBUNALE ORDINARIO DI CATANZARO
II SEZIONE PENALE
Il Presidente
Esaminati gli atti del procedimento iscritto al numero 90 del registro dei procedimenti per il patrocinio a spese dello Stato dell’anno 2003;
Vista l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, recante la data del 24 ottobre 2003, depositata il 27 ottobre da XY, imputato nel giudizio iscritto al numero 3086 del registro generale modello XVI dell’anno 2003;
Ritenuta la propria competenza quale giudice procedente al giudizio nella fase del dibattimento;
Verificata l’ammissibilità dell’istanza, sussistendo i requisiti di contenuto e di forma prescritti dall’art. 79 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A), emanato con D.L.vo 30 maggio 2002 numero 115;
Considerato che ricorrono le condizioni di legge, per l’ammissione al beneficio, concorrendo:
a) la condizione di imputato dell’instante;
b) la carenza di cause di esclusione dal beneficio ai sensi dell’art. 91 del T.U. cit.;
c) le condizioni di reddito, personale e familiare, in quanto, alla stregua della dichiarazione sostitutiva prevista dall’art. 79, comma 1, lett. c) del T.U. cit., il coacervo dei redditi valutabili, ai sensi dell’art. 76 del T.U. cit., ammonta a complessivi euro 9.694,17 e i familiari conviventi con l’instante sono in numero di quatro;
Vista la memoria, recante la data del 25 ottobre 2003, depositata il 27 ottobre 2003, dell’avvocata Concetta Nunnari, difensore di fiducia dell’imputato instante, la quale, dopo aver correttamente segnalato di essere abilitata al patrocinio davanti al soppresso ufficio del pretore fin dal 18 dicembre 1996 e di essere stata, quindi, iscritta nell’albo degli avvocati dal 16 settembre 1999, ha, sostenuto, con richiamo di pertinente precedente di merito (Tribunale di Roma, Sez. VII, 5 ottobre 2002), che il requisito previsto dalla disposizione "di cui alla lettera c) del secondo comma dell’art. 81" del T.U. cit., concernerebbe "non tanto l’iscrizione all’albo degli avvocati, bensì l’anzianità professionale" comprensiva del "periodo di iscrizione con abilitazione all’albo dei praticanti", ha, quindi, aggiunto che, diversamente opinando, "l’ammissione [delXY] al beneficio domandato con il patrocinio" di essa avvocata potrebbe "eventualmente dare luogo ad una sanzione disciplinare nei confronti del difensore […] che il Consiglio dell’Ordine potrebbe irrogare a sua discrezionalità" e ha, infine, concluso, dichiarando di affrontare "tale rischio", pur "di ottemperare al proprio mandato difensivo", e insistendo per l’ammissione del XY al beneficio richiesto "con il proprio patrocinio";
Considerato che la nomina del difensore di fiducia da parte di chi fruisce del patrocinio a spese dello Stato non è sottoposta né all’approvazione, né alla ratifica del giudice che concede il beneficio, in quanto nella scansione contemplata dalla legge detta nomina segue l’ammissione (recita l’articolo 80, 1° c. del T.U. cit.: Chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore…. ecc.) affatto irrilevante appalesandosi la circostanza, invero assolutamente accidentale, che, sul piano di fatto, la nomina preceda la presentazione della domanda di ammissione ovvero – come frequentemente accade – sia contestuale e/o coeva alla domanda stessa, e ben potendo, peraltro, il titolare del beneficio, comunque, sostituire a suo libito e illimitatamente, il proprio difensore di fiducia;
Considerato che, pertanto, nella presente sede di ammissione al beneficio non ha alcun rilievo se – e da quale particolare professionista – il beneficiario sia assistito, ovvero intenda essere assistito; né tampoco, il giudice concedente, ha, comunque, il potere di condizionare, ovvero di limitare, la concessione del patrocinio alla ipotesi della assistenza di un determinato legale, laddove, in relazione alle questioni sollevate dall’avvocata Nunnari, è appena il caso di considerare solo per incidens: (A) che il riferimento contenuto nell’articolo 81, 2° c., lett. c) del T.U. cit., al requisito dell’anzianità professionale degli avvocati che fanno domanda di iscrizione, appare plausibilmente riferibile – alla stregua del senso fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse – alla data di iscrizione del professionista nell’albo degli avvocati, risultando oltretutto disomogenea e, pertanto, non cumulabile l’attività del praticante in tirocinio, eccezionalmente abilitato a limitata attività di patrocinio; (B) che la disposizione del precedente articolo 80 , 1° c. del T.U. cit., non comporta che la scelta del difensore di fiducia da parte di chi è ammesso al patrocinio a spese dello Stato, debba ritenersi circoscritta nell’ambito dei professionisti iscritti negli speciali elenchi ibidem menzionati, atteso che la norma, la quale non contiene veruna prescrizione di esclusività, non vale, pertanto, a limitare il diritto di scelta del difensore di fiducia in pregiudizio delle persone ammesse al beneficio (ipotesi, oltretutto, priva di qualsivoglia ragionevolezza), ma adempie la diversa funzione di rendere effettiva e agevole la attuazione dell’istituto, promovendo la costituzione (e la diffusione presso tutti gli uffici giudiziari) di pubblici elenchi di professionisti, sicuramente disponibili (per aver fatto l’apposita domanda) ad assumere - in favore dei non abbienti ammessi alla provvidenza – il ministero difensivo, che gli altri avvocati (anche in considerazione della sensibile decurtazione degli onorari prescritta dalla legge, v. articolo 82, I° c. del T.U. cit.) potrebbero verosimilmente rifiutare di adempiere (non senza giustificato motivo)
P.Q.M.
Visto l’articolo 96 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A), emanato con D.L.vo 30 maggio 2002 numero 115,
1°) Ammette, nei termini indicati in motivazione, XY, imputato nel giudizio iscritto al numero 3086 del registro generale modello XVI dell’anno 2003, al beneficio del patrocinio a spese dello Stato in relazione al presente giudizio;
2°) Manda la cancelleria per i conseguenti incombenti di rito ai sensi dell’articolo 98 della legge anzidetta.
Catanzaro, addì 5 novembre 2003
IL PRESIDENTE
(Massimo Vecchio)
Depositata in cancelleria 8 nov. 2003-Il cancelliere Carlo Scalfari

 

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Tribunale di Cagliari decreto 1 agosto 2003

 

TRIBUNALE DI CAGLIARI
SEZIONE GIP/GUP
Decreto di liquidazione di compensi del difensore di imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato (artt. 1 e 12 legge 30 luglio 1990 n. 217 e succ. mod. e D.P.R. 30.5.2002 n. 115)
Il Giudice dott.ssa E. Ferrarese
•          letta l’istanza depositata in data ../../2003 con la quale l’Avv. XY ha chiesto la liquidazione dei compensi a lui spettanti in qualità di difensore d’ufficio di A e B, imputati nel procedimento penale sopra indicato, definito con sentenza emessa in data ../../2003 da questo giudice ed ammessi al patrocinio a spese dello Stato con provvedimento in data 20.11.2002 (istanza depositata il 15.11.2002).
•          visto il D.M. 5.10.1994 n. 585 che ha determinato la misura degli onorari e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali in materia penale;
•          rilevato che, ai sensi del D.P.R. citato, gli effetti dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato decorrono dalla data di presentazione della relativa istanza e che pertanto non possono essere oggetto di liquidazione a favore del difensore compensi concernenti attività anteriori a tale data;
•          tenuto conto della natura dell’attività prestata in relazione all’incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale delle persone offese;
•          visto il parere di congruità espresso dal Consiglio dell’ordine degli Avvocati;
•          rilevato che sebbene il difensore non risulti iscritto nell’elenco indicato dall’art. 81 D.P.R. 30.5.2002 n. 1156 nell’ambito del quale l’imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato deve esercitare la scelta del difensore di fiducia ai sensi dell’art. 80, trattandosi di difensore d’ufficio di soggetti legittimamente ammessi al patrocinio a spese dello stato per i quali è dunque inutile esperire le procedure di recupero dei crediti professionali (come dichiarato espressamente dal difensore) e che pertanto ai sensi dell’art. 116 D.P.R. citato, sussistono i presupposti per la liquidazione, a meno di non ritenere incostituzionale per violazione del principio di uguaglianza le norme citate soprattutto in relazione all’art. 117 stesso D.P.R. che, viceversa, consente la liquidazione al difensore d’ufficio dell’indagato o dell’imputato irreperibili, non potendosi giustificare tale diversità di trattamento per la sola circostanza che, essendo irreperibili, non possono nominare un difensore di fiducia, essendo lasciata alla libera esplicazione della volontà dei soggetti richiedenti la facoltà di nominare un difensore di fiducia ed essendo il difensore d’ufficio obbligato all’adempimento del mandato, conferitogli espressamente dall’Autorità Giudiziaria ai seni dell’art. 97 c.p.p.;
•          ritenuto pertanto che la richiesta di liquidazione debba essere accolta;
•          Visti gli artt. 1 e12 legge 30 luglio 1990 n. 217,1 e segg. D.M. 5.10.1994 n. 585, 82, 116 D.P.R. 30.5.2002 n. 115
LIQUIDA
In favore dell’Avv. XY la complessiva somma di Euro 400,00, oltre al 10% per spese, più IVA e CPA.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Cagliari, 1.8.2003

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T.A.R. ABRUZZO PESCARA 09 gennaio 2003, n. 166

T.A.R. ABRUZZO PESCARA 09 gennaio 2003 n. 166
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER L'ABRUZZO
Sezione staccata di Pescara
composto dai magistrati:
-Antonio CATONI presidente
-Michele ELIANTONIO consigliere
-Dino NAZZARO consigliere relatore
ha pronunciato, ai sensi dell'art. 26 u.c. L. 6.12.1971 n. 1034,
quale sostituito dall'art. 9 L. 21.7.2000 n. 205, la seguente
SENTENZA
nel giudizio proposto con ric. N. 623 del 2002 dall'avv. RUSSO
Agostino, costituitosi in giudizio in uno all'avv. Lorenzo PASSERI
MENCUCCI, come in ricorso;
CONTRO
IL CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI PESCARA, quale
rappresentato, in giudizio con l'avv. Giulio CERCEO come in atti;
PER L'ANNULLAMENTO
Del provvedimento del Consiglio del 23.10.2002 prot. 2042/2002
(rigetto della domanda di iscrizione nell'elenco dei difensori per il
patrocinio a spese dello Stato);
- visto il ricorso, la costituzione con memoria del Consiglio
dell'ordine ed i documenti depositati;
- udito alla camera di consiglio del 19 dicembre 2002 il cons. Dino
NAZZARO, gli avv. A. RUSSO, L. PASSERI e G. CERCEO;
la causa è stata ritenuta per la decisione su espressa richiesta del
difensore del Consiglio, con il consenso di parte ricorrente,
considerata la particolarità della fattispecie;
ritenuto in fatto-diritto quanto segue:
-il ricorrente si è iscritto nel registro dei praticanti avvocati in data
31.10.1994; il 31.10.1995 è stato abilitato al patrocinio dinanzi alle Preture
del distretto della Corte di Appello de L'Aquila, iniziando l'attività
professionale forense; dall'anno 1996 è iscritto nell'elenco dei difensori
d'ufficio e nel 1997 ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della
professione di avvocato, iscrivendosi all'albo; nel 2002, ritenendo di avere
maturato la prescritta anzianità, ha presentato domanda di iscrizione
all'apposito elenco per il patrocinio a spese dello Stato,
ottenendo il "non accoglimento" per "difetto dei presupposti di cui alla lettera
c) dell'art. 81 D.P.R. 30.5.2002 n. 115 ".
IL ricorso, motivato in punto di violazione di legge ed eccesso di potere, fa
leva sulla espressione normativa "anzianità professionale non inferiore a 6
anni", anche se lo "status" di avvocato si acquista solo con l'iscrizione
all'albo (art. 16 r.d. n. 1578/1933).
L'art. 8 del r.d. 27.11.1933 n. 1578, conv. In L. 22.1.1934 n. 36, invero,
consente, dopo un anno dalla iscrizione, ai praticanti procuratori l'esercizio
del patrocinio in un ambito preciso, permettendo, quindi, lo svolgimento di una
vera e propria "attività forense", sia pure in misura "ridotta"; sarebbe,
inoltre, del tutto contraddittorio riconoscere il medesimo idoneo alle funzioni
di "difensore d'ufficio" (L. 60/2001) e non a quelle di "difensore di soggetti
non abbienti".
Conclusivamente si chiede un'interpretazione costituzionalmente orientata (artt.
3 e 24 cost.), che sia la meno limitatativa possibile.
La difesa del Consiglio dell'Ordine eccepisce il difetto di giurisdizione del
giudicante e la infondatezza della tesi avversaria, ritenendo che l'esperienza
professionale completa si acquisisce con la possibilità di difendere senza
limitazioni, a seguito d'iscrizione all'albo degli avvocati.
Si dubita della giurisdizione del G.A. sotto un duplice aspetto: a) perchè
trattasi di una questione di "diritto soggettivo perfetto", sottratta a scelte
discrezionali, di competenza del G.O.; b) perché in ogni caso la questione
andava portata alla cognizione del Consiglio Nazionale Forense.
In punto di diniego d'iscrizione nell'elenco "de quo" e/o di revoca della
stessa, non è possibile ipotizzare una riserva di competenza per il C.N.F.,
mancando un'indicazione normativa e vigendo, in carenza di una previsione di
giurisdizione generale per ogni questione relativa ad albi e/o ad elenchi
professionali, il principio della tassatività degli atti impugnabili davanti al
C.N.F.; l'art. 54 del r.d. n. 1578/1933, invero, è testuale nell'affermare che
il Consiglio nazionale forense, oltre ad esercitare il potere disciplinare nei
confronti dei propri membri, si pronuncia sui ricorsi ad esso "proposti a norma
di questa legge", con chiaro riferimento all'art. 24 del citato r.d..
Circa la situazione soggettiva dedotta, il richiamato art. 81, comma 2°, pone
tre requisiti: a) attitudine ed esperienza professionale, b) assenza di sanzioni
disciplinari, c) anzianità professionale non inferiore a sei anni; il C.N.F.,
con propria circolare del 10.12.2002 n. 4410, ha ritenuto di limitare la
discrezionalità dei Consigli per "l'attitudine ed esperienza professionale",
onde evitare "comportamenti ingiustificatamente discriminatori", ritenendo che
esso è soddisfatto quando ricorrono i presupposti "sub b- e c-".
Per quanto attiene il requisito di cui alla "lett. c-", l'anzianità
professionale dovrebbe essere conteggiata dalla data d'iscrizione all'albo,
perché la "pratica professionale" del patrocinatore, in quanto non completa, non
sarebbe "garanzia di attitudine ed esperienza professionale", potendo questi
difendere solo cause di valore limitato e di minore importanza, davanti al
Giudice di pace ed al Tribunale in composizione monocratica (art. 7 L.
16.10.1999 n. 479).
Le "precisazioni del C.N.F.", se consentono un migliore controllo dell'attività
dei Consigli dell'Ordine, in punto di iscrizione nell'elenco speciale,
eliminando ogni "potere meramente discrezionale", non mutano, però, la
situazione soggettiva dell'istante, prospettata dalla normativa primaria, che è
quella di un "diritto in attesa di espansione", soggetto ad "affievolimento",
stante la possibilità della revoca; le indicazioni del C.N.F., che hanno
efficacia vincolante interna, possono, invero, essere sintomatiche, se violate,
di un eccesso di potere.
La stessa Corte Costituzionale, nell'ordinanza n. 229/28.6.2002, fa presente
come la disamina dei requisiti, in punto di attitudine, di esperienza e di
anzianità professionale, spetta al Consiglio dell'Ordine, attraverso una
valutazione, pur sempre discrezionale, che la legge riserva a tale organo.
La giurisdizione del G.A., peraltro, va confermata anche sotto altro aspetto,
atteso che l'istituto del "patrocinio a spese dello Stato" si configura come un
"servizio pubblico" (C.Cost. ord. n. 229/2002 parla di "esercizio di una
prestazione avente connotazioni e riflessi particolari di carattere
pubblicistico"), reso ad istanza di parte ( d. lgs. n. 113-115/2002 artt. 74 ss.
78 ss, 81 ss.); l'art. 87 del d.lgs. n. 113/02, invero, lo qualifica "servizio
pubblico ... disciplinato dall'art. 20, della legge 29 marzo 2001, n. 134";
l'art. 33 del d. lgs. n. 80/1998, quale modificato dall'art. 7 L. 205/2000, ha
devoluto alla giurisdizione esclusiva del G.A. tutte le controversie in materia
di pubblici servizi.
Nel merito della controversia va osservato come lo stesso C.N.F., nella citata
circolare (pag. 7), riconosce che l'interpretazione data dell'art. 81 sia
"senz'altro di tipo restrittivo" e, va aggiunto, anche troppo "formale", nel
senso che viene a darsi preferenza ad un'anzianità "nominale", ponendo in
secondo piano il contenuto effettivo della stessa attività forense, poiché
appare chiaro che l'avvocato che ha maturato sei anni di iscrizione all'albo
sarà iscritto all'elenco speciale anche se ha svolto una modesta attività,
circoscritta a particolari materie e/o solo davanti ad alcuni uffici giudiziari,
con attitudini ed esperienza professionale sicuramente limitata; per contro un
"patrocinatore", formatosi attraverso una continua presenza, pur nell'ambito
della cd. giustizia minore, potrebbe ben maturare una buona esperienza
professionale, sia come libero professionista, sia come difensore d'ufficio,
sia, infine, come pubblico ministero onorario.
IL criterio restrittivo, invero, non trova alcuna legittimazione nel dato
normativo che fa riferimento generico ad "un'anzianità professionale non
inferiore a sei anni", con una espressione che consente la piena valutabilità di
ogni tipo di effettiva e valida attività legale; del resto il patrocinatore è
abilitato a svolgere una pratica forense di tipo professionale, proprio in vista
del raggiungimento, sia pure in modo graduale ed entro precisi limiti di difesa,
di una più adeguata ed approfondita preparazione, che non può essere ignorata,
una volta ottenuta l'iscrizione all'albo degli avvocati,
La normativa, invero, fa riferimento ad un criterio non tassativamente ancorato
ad un dato vincolante, ma concede una certa ampiezza interpretativa, che rende
valido, anche in punto di libera attività professionale, il brocardo "odiosa est
restringenda", specie se la stessa è finalizzata all'espletamento di un servizio
pubblico, che è tanto più valido, quanto maggiore è la possibilità di scelta da
parte degli utenti.
Conclusivamente il ricorso va accolto, mentre la novità e particolarità della
fattispecie giustifica la compensazione delle spese di causa.
P.Q.M
il Tribunale amministrativo per l'Abruzzo, sezione di Pescara,
-accoglie il ricorso in epigrafe e per l'effetto annulla l'atto impugnato;
-spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del 19 dicembre 2002.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 09 GEN. 2003.
 

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