Gratuito patrocinio e potere di revoca dell'ammissione
GRATUITO PATROCINIO E POTERE DI REVOCA DELL’AMMISSIONE
Breve commento a Cass. Pen. Sez. Un. ,10 settembre 2004 (c.c. 14 luglio 2004) –Pres. Marvulli- Rel. Cortese- P.m. Cesqui (diff.)- P., ricorrente
(Art. 112 T.U. spese di giustizia ).
“Non sussiste in capo al giudice un generale potere di revoca d’ufficio del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello stato, ed in particolare di disporre tale revoca sul presupposto della provata mancanza, originaria o sopravvenuta, delle prescritte condizioni di reddito in assenza della richiesta del competente ufficio finanziario. “
La massima si trova su www.anvag/biblioteca/giurisprudenza.it (corte di cassazione)
La pronuncia della Corte Suprema a Sezioni Unite prende le mosse da un’ordinanza della IV sez. che, rilevata l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla legittimità della revoca d’ufficio dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, devolveva la relativa questione alle Sezioni Unite ( con ordinanza 5 febbraio 2004), osservando come la revoca d’ufficio fosse prevista dall’art. 112 T.U. spese di giustizia nei casi in cui l’interessato non avesse comunicato le variazioni di reddito o in difetto di altre comunicazioni che facessero venire meno il proprio diritto mentre, negli altri casi, la revoca per mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito dovesse essere subordinata alla richiesta dell’ufficio finanziario.
La questione, in sostanza , verteva sull’esistenza o meno di un potere di revoca ex officio, in sede di autotutela , in capo al giudice.
Invero la questione, è inficiata dalla natura giuridica che si riconosca al provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio. Se infatti si opina, come la più tradizionale giurisprudenza per la natura amministrativa dello stesso (Cass. Sez. I 22 settembre 1994 n. 199597, Boccuni; Cass. sez. I 12 novembre 1996 206113 Yeboha; Cass. Sez. III 12 ottobre 1999 214997 ,Carbonelli), giocoforza occorre riconoscere un generale potere di revoca ex officio in capo al giudice, derivante dal potere generale di autotutela della P.A che anche la giustizia amministrativa dei T.A.R. riconosce a prescindere da un’espressa disposizione di legge.
Sulla falsariga della pronuncia delle SS.UU. , a dire il vero, si era già pronunciata la Corte Costituzionale (con ordinanza 14 maggio 1999, n. 144) che aveva indi affermato che al di fuori dei casi all’epoca espressamente disciplinati dall’art. 10 l. 217/90 non fosse previsto un potere di revoca in ogni tempo del decreto di ammissione al patrocinio, come espressione della generale potestà di autotutela della p.a..
E’ chiaro che quest’affermazione, comportava quale ineludibile corollario la natura giurisdizionale del provvedimento del giudice di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Le SS.UU. hanno condiviso quest’autorevole orientamento giurisprudenziale, ricordando in primis la soggezione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello stato al regime proprio degli atti giurisdizionali. Dunque, non più atto amministrativo soggetto ad un generale potere di autotutela della p.a., quanto piuttosto provvedimento con tutti i crismi della giurisdizionalità, ivi compreso la riconduzione al più generale principio del contraddittorio.
Contrariamente al prevalente e tradizionale indirizzo che, pertanto riteneva concorrere il potere del giudice di revocare d’ufficio il provvedimento di ammissione al patrocinio con quello originato dall’iniziativa dell’Ufficio delle Entrate, e ciò per il principio della sindacabilità giudiziale delle valutazioni tecniche di altri organi ( Cass. sez. III 29 novembre 2001 n. 221061 Di Stefano), le SS.UU. hanno in sostanza escluso che la prima decisione di ammissione fosse da ritenersi allo stato degli atti e pertanto soggetta ad una riserva di verifica qualora dovessero essere mutate le condizioni originarie o altrimenti fossero emersi motivi di inammissibilità originaria o successiva.
L’orientamento “sposato” è pertanto quello che già aveva affermato, sotto la vigenza della l. 217/90, la possibilità della revoca solo in presenza di una istanza della Direzione delle Entrate ( Cass. Sez. VI, 24 aprile 2001, Meci, n.219167), ritenendola condizione processuale indispensabile per iniziare il procedimento incidentale che si concluderebbe con un provvedimento ricorribile per cassazione (Cass. Sez. VI, 6 giugno 2001, Venuto, n. 219854 ; Cass. Sez. III 3 dicembre 2001, Musumeci, n.221104; Cass. Sez. IV , 11 dicembre 2002, Greco, n. 224082).
In conclusione, semplificando la questione le SS.UU. sono addivenute ad una conclusione in linea con un’interpretazione letterale della norma, riconoscendo ai sensi dell’art. 112 T.U. spese di giustizia il potere di revoca in capo al giudice nei soli limitati casi prefigurati dalla norma e cioè solo quando a) nei termini previsti dall’art. 79, co.1 lett. d), l’interessato non provvede a comunicare le eventuali variazioni dei limiti di reddito ; b) se, a seguito della comunicazione prevista dall’art. 79 co. 1 lett. d), le condizioni di reddito risultano variate in misura tale da escludere l’ammissione ; c) se, nei termini previsti dall’art. 94, comma 3, non sia stata prodotta la certificazione dell' autorità consolare; viceversa, ove ricorra l’ipotesi di cui alla lett. d) del T.U spese di giustizia, non esiste un concorrente potere di revoca ex officio del giudice ove risulti provata la mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito di cui agli art. 76 e 92, rimanendo in questo caso l’intervento giudiziale subordinato alla sola richiesta dell’ufficio finanziario competente.
Infine le SS.UU si sono poste il diverso problema dell’impugnazione del provvedimento di revoca d’ufficio dell’ammissione al patrocinio, sussistendo il dubbio se tale atto fosse immediatamente ricorribile per cassazione piuttosto che reclamabile ai sensi dell’art. 99 del T.U. spese di giustizia.
A dire il vero, al riguardo, una parte della giurisprudenza, per altro minoritaria, aveva ritenuto che il provvedimento di revoca non fosse direttamente impugnabile in cassazione, ma reclamabile sul presupposto che si venisse a creare una situazione analoga a quella dell’originario diniego (Cass. Sez. VI , 26 marzo 1998, Sinisi n. 211956 ; Cass. Sez. VI 10 marzo 2003, Nocera n. 226121) .
Successivamente, al contrario, la prevalente giurisprudenza, al pari dell’analoga ipotesi disciplinata dall’art. 113 T.U. per la revoca su istanza dell’Ufficio delle Entrate, aveva ritenuto che nei casi di revoca d’ufficio il provvedimento fosse immediatamente ricorribile per cassazione rimanendo precluso l’istituto del reclamo ( Cass. Sez. VI, 6 giugno 2001 Venuto n. 219854; Cass. Sez. III , 3 dicembre 2001, Musumeci n. 221104; Cass. Sez. IV , 11 dicembre 2002 ,Greco, n.224082).
Quid Iuris pertanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia revocato il provvedimento d’ammissione ex officio , al di fuori delle condizioni rigorosamente previste dalla legge? Anche su questo punto le SS.UU. hanno definitivamente fatto chiarezza statuendo che per tutti provvedimenti di revoca d’ufficio, compresi quelli emessi al di fuori delle condizioni di legge, debba valere il sistema dei rimedi previsti dall’art. 99 per l’originario provvedimento reiettivo, consentendosi così all’interessato il ricorso di cui al citato art. 99, con il successivo eventuale giudizio di cassazione. Nel solo caso di revoca disposta su istanza dell’Ufficio delle Entrate il provvedimento sarebbe pertanto immediatamente ricorribile per cassazione, saltandosi l’istituto di cui all’art. 99.
(Avv. Massimiliano Strampelli – Comitato per il patrocinio penale dell’ ANVAG)
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