Brevi spunti e proposte sulla difesa penale

BREVI SPUNTI E PROPOSTE SULLA DIFESA PENALE
 
 
 
Ben attento a non uscire fuori tema cercherò di illustrare, premettendo per assoluta correttezza, che quanto vado a rassegnare esprime un mio punto di vista personale, suffragato se vogliamo dall'esperienza di trentacinque anni di processi penali di ogni tipo e genere dalle stragi al misericordioso soccorso prestato al classico ladro di polli, mie riflessioni sul tema in oggetto.
 
Quindi ovviamente mi soffermerò sul processo penale con i dovuti richiami alla funzione dell'avvocato difensore.
 
Pare, ribadisco pare, che il troppe volte richiamato, quasi quale misteriosa divinità informe ed irresponsabile, legislatore si sia reso o si stia rendendo conto che l'ordine degli avvocati, cui siamo iscritti per libera scelta e dopo sudati studi, è categoria eterogenea rispetto ad ordine cavalleresco o ad ordine monastico.
 
Con la conseguenza ovvia che non si può chiedere a chi è, per dirla con Manzoni, " al mondo ", di vestire di sacco, francescanamente, e senza nemmeno il beneficio del refettorio, oppure di dover contare a presupposto dell'investitura su redditi di feudi.

 
Ergo ben doversi considerare che non è immorale parlare di attività lavorativa, certamente altamente qualificata, di spiegamento di energie non illimitate, di impiego di tempo a distogliersi dalla vita in famiglia, dal necessario riposo, e chi più ne ha più ne metta, di attività che deve comportare conseguenti e decorosi introiti (cosa ben diversa dall'elemosina occasionale e volontaria al frate e dal regale encomio al prode Lancillotto di turno che abbia salvato la damigella dalle fauci del drago) pur con tutte le resistenze probabilmente dovute alla necessità di tener stretti i cordoni della borsa ad aprirsi, rectius a sbracarsi, a favore di categorie più pesanti sotto il profilo politico (in senso lato: miniera di consensi, potere d'acquisto concesso a persone -ed a ben vedere le due cose si identificano -particolarmente e facilmente influenzabili nell'ottica di un consumismo peggio che infantile, idiota).
 
Così come pare che il famoso legislatore si stia rendendo conto che l'attività del difensore a favore del cittadino, in materia penale, a contrastare pretese punitive promananti dal sistema, lungi dal comportare disgregazione sia espressione, di civiltà.

 
E non solo nel rispetto dei diritti ineludibili del singolo, della persona, ma anche nell'interesse dello Stato come tale, atteso che, pure nella semplice logica del classico Bertoldo, la condanna di un innocente comporta che un colpevole l'abbia fatta franca.
 
Mi si permetta di dire che la " condanna esemplare " a fronte di fatti che ripugnano alla morale corrente e che destano allarme sociale senza l'utilizzo dello strumento critico connaturato al concetto di processo somiglia assai al sacrificio del capro espiatorio, o, peggio, alla necessità dello Stato o di sue particolari strutture di darsi autorevolezza col terrore. Oppure ancor peggio ad una paranoica presunzione di infallibilità, sempre di dette innominabili strutture..
 
E mi si permetta ancora di dire che rendere antieconomico, pericoloso oppure troppo difficile l'esercizio di un diritto è molto più elegante e purtroppo molto più efficace di negarlo. Per citare una frase attribuita ad un grande uomo politico contemporaneo " a pensar male forse si fa peccato, ma tante volte ci si azzecca ".
 
Patrocinio a spese dello Stato. Secondo un sottile distinguo della corte costituzionale istituto diverso rispetto al gratuito patrocinio.
 
Il classico signor Rossi , dovrà redigere circostanziata domanda presentata ad apposita struttura corredata da acconcia documentazione nella quale fra l'altro autocertifica modesti redditi con riferimento a precedente dichiarazione resa agli uffici fiscali competenti. Già la compilazione di questa domanda potrebbe richiedere l'intervento di un professionista o di una ulteriore struttura delegata ad hoc: l'ingegno italico è sommo quando si tratta di ottenere sussidi ma nella pratica vediamo che o detto signor Rossi è già assistito da un avvocato oppure che con santa pazienza delegato della struttura (nel nostro caso stipendiato dipendente del cavalleresco/monastico consiglio dell'ordine) lo assiste. Ciò fatto si riunirà una commissione (mista di monaci e cavalieri?) la quale dovrà stabilire se è il caso o meno di ammettere il cittadino a godere del diritto non rinunciabile ad essere difeso. La rispondenza al vero dei redditi è cosa che sfugge al controllo della detta commissione, ma al caso eterogenea struttura statale (la Guardia di Finanza) potrà effettuare opportune verifiche con eventuali conseguenze negative a carattere penale. Fortunatamente non sono previsti i "tratti di fune ad arbitrio di sua eccellenza ".
 
Espletata la difesa tecnica, in un coacervo del genere, questione quasi marginale, il difensore dovrà sottoporsi alle seguenti forche caudine:
 
1) procurarsi apposita documentazione a riprova di aver veramente difeso l'imputato;
 
2) redigere apposita dettagliata specifica corredata da quanto sub 1 e consegnarla al consiglio dell'ordine il quale verificherà se le voci esposte corrispondono alla tariffa professionale. Va rammentato che nel rapporto fiduciario il ricorso alla tariffa professionale presuppone la conflittualità fra cliente ed avvocato. Ad colorandum.
 
3) presentare tutto l'incarto al giudice che ha emesso la sentenza acciocchè il medesimo valuti in che misura l'opera professionale sia meritevole di retribuzione. Quindi quanto sub 2 si atteggia quasi a consilium sapientis di longobardica memoria.
 
4 ) trascorso il tempo dovuto, verrà emesso provvedimento giurisdizionale (niente meno) avverso il quale ovviamente è previsto reclamo gestendo la procedura " agevolata ", di imprevedibile durata, come dalla datatissima legge professionale .
 
5) gli atti verranno trasmessi alla procura della Repubblica alla quale è dato potere di opposizione; superata anche questa forca;
 
6) si andrà in lista d'attesa per l'emissione del famoso " modello 12 " il quale verrà trasmesso ad apposita struttura finanziaria (banca o posta) la quale, ovviamente in tempi ragionevoli e compatibili con le altre minute incombenze da sbrogliare, provvederà all'accredito.
 
E se Dio vuole è finita.
 
Ci si perdoni, ma almeno per chi scrive in questa iradiddio, l'aspetto processuale penale è una passeggiata.
 
Nel caso invece che di patrocinio a spese dello Stato non si possa parlare, vuoi per menefreghismo dell'interessato, vuoi perché il limite massimo di reddito fosse superato (e questo è un punto su cui bisognerà ritornare), nel caso classico della difesa d'ufficio da retribuirsi comunque nell'ottica della profonda riforma dell'istituto, qualora la parcella venga ignorata le cose (absit iniuria verbis) non sono così semplici.
 
Infatti, bisognerà procurarsi la prova di aver espletato le procedure necessarie per il recupero (ovviamente in via giurisdizionale) e che queste procedure si sono risolte in un nulla di fatto. Per dirla in soldoni bisognerà far causa all'imputato con le prevedibili sgradevoli reazioni del medesimo, con i tempi noti, e, ottenuto provvedimento di condanna, gestire l'esecuzione civile anticipando le spese del caso (competenza dell'ufficiale giudiziario, postali ecc.) le spese vive sfuggendo al disposto dell'articolo 32 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
 
E per mettere la classica ciliegina sulla classica torta, qualora ci trovassimo a gestire (e per ciò fare, come è noto occorre ulteriore abilitazione professionale) il processo penale nella delicatissima fase avanti la suprema corte di cassazione -spes ultima dea-l'infondatezza palese del ricorso, tale ad arbitrio delle loro eccellenze, comporta la caducazione del diritto alla retribuzione da parte dello Stato.
 
E, considerando che oltre alla ciliegina un poco di rosolio sulle torte non ci guasta, l’Alta Corte, a quanto risulta, non ha dichiarato in contrasto con i principi costituzionali del diritto alla retribuzione e del diritto alla difesa tutte queste belle cose. Nessun commento a scanso di uscir dal seminato.
 
Va rilevata a questo punto la necessità di correzione degli istituti.
 
In primo luogo il doppio passaggio consiglio dell'ordine-magistrato andrebbe eliminato. O il parere del consiglio dell'ordine sarà vincolante per il pagatore, oppure appare inutile scomodare un organo così già oberato e si lascerà tutto al giudice. Possibilmente con liquidazione contestuale degli onorari dal difensore dell'imputato, così come si fa per la parte civile, e come si faceva una volta ai tempi del superato gratuito patrocinio.
 
E questo (Cicero pro domo sua, se così si vuole) anche in cassazione atteso che, superata la declaratoria di inammissibilità, le forche caudine dianzi enumerate vanno percorse con l'ausilio di un collega o per posta avanti al giudice che ha emesso la sentenza gravata di ricorso. Dall' Alto Adige alla Sicilia.
 
Cosa poi possa valutare sull'impegno e sulla professionalità di un difensore un giudice che non lo ha potuto sentire, perché il processo è stato trattato avanti un altro rimane un mistero.
 
Infine sulla questione reddito.
 
Che è diritto d'essere difeso chi fino a prova contraria è ritenuto innocente e che versi in disagiate condizioni economiche, in sede penale è fuori discussione, considerato che non è segno di scarsa benevolenza degli dei l'essere indigenti. In sede civile (e questa è opinione personale) un filtro serio ci vuole atteso che non è diritto dell'indigente attaccar briga con chicchessia a spese di Pantalone.
 
Ma di quali introiti bisogna disporre per affrontare un maxi processo? Qui si tratta senza mezzi termini di adeguatamente compensare un avvocato che, magari fuori sede, per anni è inchiodato a un banco di tribunale, per forza di cose dovendo, se non trascurare, quantomeno limitare l'attività quotidiana sulla quale si fondano le legittime aspettative di decoroso reddito.
 
Ed a rafforzare l'ipotesi di assoluta inadeguatezza della normativa vigente all'attuale processo penale non va dimenticato che, essendosi, per così dire, il baricentro del processo spostato sempre più verso la fase delle indagini preliminari, occorre gestire informative spesso riservate e delicate almeno quando il caso si appalesi men che chiaro.
 
Offenderei l’intelligenza di qualunque addetto ai lavori se ponessi retorica domanda sulla scienza o meno dei costi che comportano un pedinamento, una controperizia scientifica su impronte digitali, su infinitesimi reperti organici, su tracce di esplosivo, oppure l’audizione di congruo numero di testimoni.
 
Chi scrive ancora ha nella testa un vecchio processo per omicidio preterintenzionale. In breve vi era stato uno scontro fra giovani (roba da tribunale dei minorenni) nel contesto di una partita di calcio amichevole e tutti gli spettatori dalle tribune avevano visto. O meglio erano convinti di avere visto.
 
Fortunatamente si dovette risolvere tutto in sede dibattimentale: oggi probabilmente per tirar fuori qualcosa di decente quei 30/40 testimoni bisognerebbe sentirseli in studio, o meglio ancora il luogo che consentisse riprese televisive. Non aggiungo altro, né dico in che condizioni si dovette lavorare da più colleghi in occasione di processi per strage nei quali doverosamente scrupolosi magistrati fecero fare le perizie all’estero mancando in Italia l’affidabilità di periti ed attrezzature.
 
Quindi dei jure condendo:
 
conferire il potere al consiglio dell’ordine di concedere il patrocinio a spese dello Stato, anche a persone non indigenti –ovviamente sarebbero casi limite, ma purtroppo non così infrequenti come si potrebbe pensare- quando ad approfondita relazione i costi previsti e prevedibili siano tali da mettere in ginocchio anche una persona agiata;
 
stabilire che l’onorario del difensore va liquidato dopo ogni fase e grado del procedimento dal magistrato che lo ha condotto, immediatamente al momento in cui si spoglia della sua funzione.
 
Con possibilità di reclamo in caso di ritenuta insufficienza ad un organo misto di magistrati ed avvocati. Previa ovviamente liquidazione “ sul tamburo “ nella cifra ritenuta a torto oppure a ragione adeguata.
 
Ed è facile replicare a chi prevedesse sfascio della finanza pubblica: 1) che i processi costano anche senza pagare gli avvocati. Basterà considerare quanto oramai è di dominio pubblico in materia di intercettazioni e perizie. Se si pagano i periti si possono pagare anche gli avvocati; 2) che fra tassa di registro e contributo unificato il sistema giustizia può contare su introiti enormi che ben possono essere trattenuti all’interno.
 
Forse sarebbe opportuno organizzare una raccolta di firme per sensibilizzare e l’opinione pubblica ed i politici, ma questo certamente non può essere fatto che da un’associazione così come la formalizzazione di queste richieste di modifiche non può non essere che frutto di lavoro di gruppo.
 
Avvocato Angelo Sibilio del comitato per il patrocinio penale dell’A.N.V.A.G.
10/2004
 
 
 

 

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