Gratuito patrocinio ad accesso ristretto con le modifiche apportate dal c.d. pacchetto sicurezza
Gratuito patrocinio ad accesso ristretto con le modifiche apportate dal c.d. pacchetto sicurezza
Di Massimiliano Strampelli*
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Il testo unico sulle spese di giustizia, il d.p.r. 115/02, ha subito in considerazione della legge 125/08 delle significative modificazioni che sembrano, ad una prima lettura, aver sensibilmente ristretto l’accesso all’istituto del Patrocinio a spese dello Stato.
In particolare le aggiunte si sostanziano nelle seguenti modifiche:
art. 76 comma 4bis Per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati di cui agli artt. 416 bis del codice penale, 291 quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973 n. 43, 73 limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’art. 80, e 74, comma 1, del Testo Unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n.309, nonché per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416 bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai soli fini del presente decreto, il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti;
all’art. 93 il comma 2 è abrogato,
all’art. 96 comma 1 le parole “ovvero immediatamente se la stessa è presentata in udienza a pena di nullità assoluta ai sensi dell’art. 179, comma 2 del codice di procedura penale” sono soppresse;
all’art. 96 comma 2 , dopo le parole “tenuto conto” sono inserite le seguenti “delle risultanze del casellario giudiziale”.
Viene introdotta, così, una presunzione reddituale per i soggetti individuati dal nuovo comma 4 bis dell’art. 76.
Alcuni commentatori hanno detto che, in tale maniera, il legislatore ha semplicemente cristallizzato nella norma quanto già emerso a livello giurisprudenziale, essendo già riconosciuto al giudice il potere di valutare ai fini dell’ammissione al beneficio, tutti gli elementi indiziari del reddito del soggetto, con riferimento anche all’esistenza di proventi illeciti, derivanti da attività delittuosa, notoriamente non sottoposti a tassazione ( si veda Cass. sez. IV^, 11 aprile 2007, Salvemini).
Il reddito dunque diviene – indice economico – sintomatico della capacità di spesa dell’aspirante al beneficio, accertabili con gli ordinari mezzi di prova di cui all’art. 2729 c.c., con particolare valorizzazione di presunzioni semplici come il tenore di vita ed i fatti di emersione della percezione di redditi.
Per tutti i soggetti indicati dal comma aggiunto dal c.d. pacchetto sicurezza e che potremmo definire “qualificati”, opera dunque una presunzione assoluta di inidoneità reddituale all’ammissione al beneficio, non essendo possibile evidenziare dalla “ratio” della norma, prima ancora che dal tenore letterale, alcuno spazio interpretativo per l’esistenza di una prova contraria; la condanna, si badi bene, in via definitiva, costituirebbe uno di quegli effetti ulteriori della condanna, che potrebbero essere cancellati unicamente dall’intervenuta riabilitazione, non essendo possibile ipotizzare il loro venir meno per il sopraggiungere di una causa estintiva del reato o della pena.
Allo stesso modo, è ragionevole ritenere che l’interpretazione più corretta porti ad escludere l’ammissione al beneficio anche nel caso di riconoscimento di circostanze attenuanti equivalenti o prevalenti sulle aggravanti richiamate dall’ art. 76 comma 4bis, essendo il riconoscimento delle stesse attenuanti idoneo ad elidere unicamente l’entità della pena irrogata.
E’ giocoforza intuibile come una tale elencazione di reati, “ontologicamente” idonei ad escludere l’idoneità reddituale all’ammissione al beneficio del patrocinio presti inesorabilmente il fianco a prevedibili questioni di legittimità costituzionale, con particolare riguardo alla lesione del principio di eguaglianza, in ordine all’irragionevolezza di talune esplicite od implicite esclusioni.
Il contenuto della domanda
Quale dunque il contenuto della domanda da presentarsi al giudice competente in ordine al decisum?
Sulla scorta dell’art. 79 del d.p.r. 115/02, il contenuto dell’istanza impone all’interessato una dichiarazione sostitutiva di certificazione, ai sensi dell’art. 46 comma 1 lett. o) del d.p.r. 445/00 attestante la “ sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione al patrocinio secondo le modalità indicate nell’art. 76”; sembra dunque potersi affermare, la necessità di una autocertificazione dichiarativa, alla data della presentazione della domanda, dell’inesistenza di condanne divenute irrevocabili, per ciascuno dei reati indicati dal nuovo comma 4 bis dell’art. 76 T.U. spese di giustizia, potendo la falsa dichiarazione integrare gli estremi del reato di cui all’art. 95 d.p.r. 115/02.
E’ evidente dunque, che la principale valutazione del giudice, in ordine all’ammissione dell’interessato al beneficio, per effetto della riforma, si svolgerà principalmente sulle risultanze del casellario giudiziale, fermo restando la possibilità riconosciuta al giudice, ex art. 96 co.2 d.p.r. 115/02, di respingere la domanda quando vi siano giustificati motivi per ritenere l’insussistenza del presupposto reddituale dichiarato dall’interessato, e la necessità di disporre comunque quelle “ulteriori verifiche” da parte dell’Autorità Giudiziaria quando, anche dal casellario giudiziale emergano spunti per approfondimenti istruttori miranti a raccogliere fatti indicativi della concreta percezione di redditi superiori.
E’ di tutta evidenza che il funzionamento di questa mini-riforma dipenderà principalmente dalla celerità con cui verrà aggiornato il casellario giudiziale, rendendo quindi possibile la doverosa attività di valutazione richiesta al giudicante.
La revoca del provvedimento ammissivo e i problemi di diritto intertemporale
Come dovrà comportarsi il giudice qualora emerga, successivamente al provvedimento di ammissione, la notizia dell’esistenza di una condanna definitiva per uno dei reati indicati dall’art. 76 comma 4 bis del T.U., “ostativa” all’ammissione al beneficio?
A rigore dovrebbe poter disporre la revoca del provvedimento ammissivo, secondo quanto stabilito dall’art. 112 comma 1 lett. d) che prevede la revoca “d’ufficio” quando risulti la mancanza “originaria” delle condizioni di reddito di cui all’art. 76; dunque la condanna definitiva, per rendere possibile la revoca, dovrebbe necessariamente essere intervenuta prima della data di cui alla domanda di ammissione al beneficio, e comunque del provvedimento di ammissione.
E’ ragionevole quindi affermare che il giudice non possa viceversa procedere nelle forme della revoca di ufficio, quando la definitività della condanna per taluno dei reati ostativi intervenga dopo l’ammissione formale al beneficio del patrocinio gratuito essendo la presunzione negativa di reddito operante per i soli soggetti “già condannati”. A tale conclusione, deve a maggior ragione pervenirsi, nel caso di eventuale condanna irrevocabile nel processo avente ad oggetto uno dei reati anzidetti ed in cui l’interessato sia stato ammesso al Patrocinio.
Presentazione dell’istanza al magistrato competente e declaratoria di nullità degli atti processuali
La legge di conversione, c.d. “pacchetto sicurezza”, ha abrogato il comma 2 dell’art. 93 d.p.r. 115/02 ; per tale motivo la domanda non può più essere presentata dal difensore “direttamente in udienza”. Non sembra, peraltro, che tale modifica abbia comportato significativi stravolgimenti di disciplina, posto che l’interessato potrà comunque presentare lui stesso, direttamente in udienza, la domanda di ammissione.
Al comma 1 dell’art. 96 T.U. spese di giustizia, sono state soppresse le parole “ ovvero immediatamente , se la stessa è presentata in udienza a pena di nullità assoluta ai sensi dell’art. 179 comma 2 del codice di procedura penale”.
Il comma di cui all’art. 96 prevede dunque che il giudice debba, verificata l’ammissibilità dell’istante al beneficio richiesto, ammettere l’interessato “nei dieci giorni successivi a quello in cui è stata presentata o è pervenuta l’istanza di ammissione”, non essendo più previsto l’obbligo di immediata declaratoria in udienza.
Si noti come, per effetto della modifica legislativa, la mancata adozione del provvedimento di ammissione nei dieci giorni dalla presentazione dell’istanza, per espressa disposizione di legge non comporti più alcuna nullità assoluta degli atti compresi tra la scadenza del termine e la data di effettiva adozione del richiesto provvedimento, come già chiarito dalla giurisprudenza di legittimità.
Si è così legislativamente risolta una questione interpretativa che aveva comportato la necessità di interventi chiarificatori, in funzione nomofilattica della Suprema Corte, sulla validità degli atti processuali compiuti nelle more della mancata adozione del provvedimento formale di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, con ciò risolvendo eventuali questioni di nullità ancora pendenti in ordine al concreto ed effettivo pregiudizio subito dal diritto di difesa (ex plurimis Cassazione sezione VI^, 10 maggio 2006, Cavaliera; Cass. sez. II^, 22 novembre 2005, Faraci).
Cambia dunque il regime di invalidità che assume la connotazione di una nullità a regime intermedio, incidendo evidentemente sul diritto di assistenza tecnica dell’imputato, ai sensi della lettera c) dell’art. 178 c.p.p., con conseguenti oneri difensivi di natura deontologica in ordine all’eccepilibità della nullità.
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In conclusione dobbiamo osservare che la mini – riforma introdotta dal c.d. “ pacchetto sicurezza” conferma la giustezza dell’indirizzo della nostra associazione A.N.V.A.G. Associazione Nazionale Volontari Avvocati per il Gratuito patrocinio e la difesa dei non abbienti che da tempo si è battuta per un maggiore rigore rispetto all’accesso al beneficio del gratuito patrocinio.
Sin dal 28° Congresso Nazionale Forense, infatti, il nostro Presidente Avv Nicola Ianniello aveva denunciato “il danno in termini di tempo, risorse umane ed economiche provocato da un’autocertificazione che si riveli in seguito falsa” unitamente alla necessità di esercizio in sede di ammissione da parte del magistrato di un penetrante controllo in ordine ai redditi, anche illeciti- e non sottoposti a tassazione- percepiti dall’istante.
Ci pare che il legislatore si sia mosso nel senso di una maggiore consapevolezza delle problematiche afferenti l’istituto.
Auspichiamo vivamente che tale maggiore consapevolezza, certamente indotta anche dalla necessità di “razionalizzare” i costi della giustizia, sfoci in una radicale riforma della difesa d’ufficio che, così come concepita, sottrae rilevanti risorse al gratuito patrocinio, ed in ultima analisi alle legittime istanze degli aspiranti bisognosi e meritevoli di tale beneficio.
Del resto, la questione della riforma della difesa d’ufficio, unitamente alla valorizzazione del Patrocinio a spese dello Stato, è stata recentemente portata da questa Associazione a conoscenza del Ministro della Giustizia e delle Pari Opportunità, nell’auspicio di un’ulteriore spinta “riformatrice” del sistema, e della professione, nel suo complesso.
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(*Massimiliano Strampelli presidente del comitato per il patrocinio penale dell’A.N.V.A.G.-Associazione Nazionale Volontari per il Gratuito patrocinio e la difesa dei non abbienti-09/08)