Ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato l’interrogatorio di garanzia reso ai sensi dell’art. 294 c.p.p. non può configurarsi come “udienza”
Ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato l’interrogatorio di garanzia reso ai sensi dell’art. 294 c.p.p. non può configurarsi come “udienza”
di Massimiliano Strampelli*
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Con la sentenza della Sez. III penale del 14 luglio 2005 n. 37770 (il cui testo integrale si trova nella rubrica biblioteca del sito www.anvag.it) la Suprema Corte si è interessata del problema interpretativo che coinvolge la presentazione dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in sede di “interrogatorio di garanzia”.
In particolare il problema riguardava la giuridica configurabilità di tale fase procedimentale come udienza e conseguentemente gli effetti di un tale inquadramento giuridico ai fini della disciplina di cui all’art. 96 T.U. spese di giustizia.
Tale norma infatti prescrive : “ nei dieci giorni successivi a quello in cui è stata presentata o è pervenuta l’istanza di ammissione, ovvero immediatamente, se la stessa è presentata in udienza a pena di nullità assoluta ai sensi dell’art.179 , comma 2 , del codice di procedura penale, il magistrato davanti al quale pende il processo o il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato…, verificata l’ammissibilità dell’istanza, ammette l’interessato al patrocinio a spese dello Stato……”
In presenza della idonea autocertificazione dell’istante, e dell’eventuale documentazione integrativa richiesta dall’art. 79 co.2 e co. 3 t.u. spese di giustizia, il giudice pertanto ammette l’imputato al beneficio del gratuito patrocinio.
Tale decisione, nel solo caso in cui segua alla presentazione dell’istanza in udienza, deve avvenire immediatamente a pena di nullità assoluta.
Tale nullità, evidentemente, come ormai ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, investe tutti gli atti successivi, e consequenziali, al compimento della fase procedimentale in cui è intervenuta l’istanza sino al momento della decisione sull’ammissibilità del richiesto beneficio.
La rilevanza della questione posta all’attenzione della Suprema Corte è notevole, posto che il giudice nel caso di specie non si era pronunciato immediatamente , con ciò nell’ottica del ricorrente, inficiando la validità degli atti successivamente emanati a seguito dell’istanza.
Nel caso in esame, la Suprema Corte ha ritenuto che il giudice non aveva il dovere di pronunciarsi immediatamente, posto che l’interrogatorio di cui all’art. 294 c.p.p., finalizzato alla legittimazione del provvedimento cautelare già adottato dal Gip, non può configurarsi come “udienza” in senso stretto.
Il codice, infatti, osservano i giudici, non contiene una definizione di “udienza”, per tale dovendosi intendere la durata giornaliera dell’attività giurisdizionale che il giudice svolge in contraddittorio tra le parti, al fine di prendere una decisione sull’istanza presentata da una delle medesime.
Per tale ragione, indi, non può intendersi “udienza” l’attività svolta in sede di interrogatorio di garanzia, giacchè in tal caso non vi è istanza della parte e non esiste obbligo di decisione formale del giudice, posto che questi ha il solo dovere di verificare, nel contatto con l’indiziato, se persistono le condizioni per la misura cautelare disposta, e quindi, se tali condizioni permangono, non emette alcuna decisione, provvedendo viceversa alla revoca o alla sostituzione della misura nel solo caso in cui quelle condizioni non sussistano.
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(Avv.Massimiliano Strampelli Comitato per il patrocinio penale dell’A.N.V.A.G. – 6/06)