Corte di Cassazione

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Cass sez 4^ pen sent n. 32061 pubbl 25 ago 2021

Si chiarisce il concetto di famiglia anagrafica e persone conviventi a prescindere dalle risultanze anagrafiche del Comune di residenza.
Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto aveva condannato il ricorrente alla pena di anni uno mesi otto di reclusione ed euro 1.000 di multa in relazione al reato di cui all'art. 95 Dpr. 115/2002 per avere esposto falsi dati reddituali nella istanza di ammissione al gratuito patrocinio depositata in data 25 Settembre 2014 presso la cancelleria del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, falsità relativa sia ai componenti del proprio nucleo familiare, sia alla certificazione di non abbienza.
Il ricorrente sostiene di essere titolare di autonomo stato di famiglia, sia pure presso l'abitazione familiare e pertanto lo stesso confidava sul fatto di non dovere indicare gli altri familiari e i loro relativi redditi,tenuto altresì conto che al momento dell'acertamento lo stesso era in stato di detenzione.
I controlli fatti eseguire dall'autorità giudiziaria hanno consentito di rinvenire un nucleo familiare (composto da dieci persone, tutti prossimi congiunti) percettore di plurime risorse reddituali e titolare di beni patrimoniali che il ricorrente avrebbe dovuto indicare nell'autocertificazione prevista dll'art.79 comma 3 D.P.R. 115/2002, in quanto risorse idonee a concorrere al reddito legale fissato ai fini del riconoscimento del beneficio.
E' stato affermato dal S.C. che "ai fini dell'ammissibilità al gratuito patrocinio l'autocertificazione dell'istante ha valenza probatoria e il giudice non può entrare nel merito della medesima per valutarne la attendibilità, doven#dosi limitare alla verifica dei redditi esposti e concedere in base ad essi il beneficio, il quale potrà essere revocato solo a seguito dell'analisi negativa effettuata dall'in#tendente di finanza, cui il giudice deve trasmettere copia dell'istanza con l'auto#certificazione e la documentazione allegata" (sez. IV, 14.10.1999 Cavarchio Rv. 214882; sez.I, 3.6.2003, Musarò, Rv.225051). Peraltro a maggiore chiarimento di una tale impostazione va precisato che, ai sensi dell'art.76 co.2 D.L.vo 30.5.2002 n.115, assume precipua rilevanza, ai fini del giudizio di ammissibilità o di conferma del beneficio del patrocinio a spese dello Stato, il dato formale della convivenza emergente dalla residenza anagrafica

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Cass sez II civ sent n. 23133 pubbl 19 ago 2021

Il Tribunale di Bologna ha rigettato la richiesta di liquidazione delle voci relative ad istanze di autorizzazione ad allontanarsi dal proprio domicilio, avanzata dal legale per conto di un cliente
sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con divieto di allontanamento dal
Comune di dimora, motivando,
1) la mancata allegazione della documentazione relativa all'istanza
2) la non riconducibilità delle richieste ad una attività difensiva qualificabile come tale.......

Cass sez 4^ pen sent. n.30238 pubbl 3 ago 2021

l'art. 76 del DPR 115/2002, nell'indicare le condizioni di ammissione al gratuito patrocinio, non fa riferimento solo al "reddito imponibile ai fini dell'imposta personale ... risultante dall'ultima dichiarazione", bensì anche ai "redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero ad imposta sostitutiva ". E del resto la Corte costituzionale, già con la sentenza n. 382 del 1985, nell'affrontare la problematica dei limiti di reddito per il patrocinio a spese dello Stato, ha precisato che "nella nozione di reddito, ai fini dell'ammissione del beneficio in questione, devono ritenersi comprese le risorse di qualsiasi natura, di cui il richiedente disponga, anche gli aiuti economici (se significativi e non saltuari) a lui prestati, in qualsiasi forma, da familiari non conviventi o da terzi, - pur non rilevando agli effetti del cumulo - potranno essere computati come redditi direttamente imputabili all'interessato, ove in concreto accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici previste dall' art. 2739 cod. civ., quali il tenore di vita ecc. ".
...............................
Il reato di cui all'art. 95 Dpr. 115/02 - va ricordato- è figura speciale del delitto di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico (art. 483 cod. pen.) e, come quello, ha natura di reato di pura condotta, sicché il relativo perfezionamento prescinde dal conseguimento di un eventuale ingiusto profitto che, anzi, qui costituisce un'aggravante.
Consegue che il dolo del delitto in questione, essendo anch'esso costituito dalla volontà cosciente e non coartata di compiere il fatto e nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero, non può essere escluso nel caso di specie in cui è stato anche motivatamente escluso un errore sull'identificazione dei redditi da inserire nella dichiarazione.
Il reato di pericolo, nel caso de quo, si ravvisa se non rispondono al vero o sono omessi in tutto o in parte dati di fatto nella dichiarazione sostitutiva, ed in qualsiasi dovuta comunicazione contestuale o consecutiva, che implichino un provvedimento del magistrato, secondo parametri dettati dalla legge, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni previste per l'ammissione al beneficio.

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cass. sez. VI civ 0rd. n. 17052 pubbl. 16 giu 2021

opposizione ex art.170 DPR 115/2002 alla liquidazione dei compensi professionali per l'attività da lei svolta davanti al Tribunale di Palermo in favore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nel giudizio per la eparazione giudiziale (poi trasformata in consensuale) di costei.
a ricorrente lamenta che per la fase decisionale il Tribunale, affermando di applicare la maggiorazione per l'avvenuta conciliazione, abbia in effetti riconosciuto solo il 25°/0 del compenso dovuto per la fase, invece che l'intero compenso maggiorato del 25°/0.
La censura è fondata perché il compenso liquidato dai Tribunale per la fase decisoria (€ 202,50) è immotivatamente inferiore al minimo tariffario; nello scaglione di riferimento indicato dallo stesso Tribunale (valore indeterminabile di modesta complessità, ossia, ai sensi dell'art. 5, sesto comma,
d.m. 55/2014, lo scaglione da € 26.000 a € 52.000) il valore medio della fase decisoria è di € 2.767; il valore minimo è € 1.383,5; dimezzandolo ex art. 130 TUSG si arriva a € 691,75 che - anche senza applicare la maggiorazione del 25% (che pure il Tribunale ha dichiarato di voler applicare) - è più di quanto è stato liquidato.

Cass sez 6^civ ord. n. 16585 pubbl 11 giu 2021

opposizione a decreto Trib perchè aveva escluso il rimborso delle spese sostenute per il procedimento monitorio finalizzato al recupero del credito nei confronti di un imputato risultato irreperibile.

cass. sez. VI civ 0rd n. 15443 pubbl. 3 giu 2021

si denuncia la violazione degli artt.82 e 116 DPR 115/2002 e dell'art.2333, comma 2 c.p.c., in relazione all'art.360, comma 1, n.3 c.p.c. giacchè il Tribunale, dopo aver enunciato specificamente le attività svolte dal difensore d'ufficio per il recupero del credito ( richiesta del decreto ingiuntivo, notifica del decreto e dell'atto di precetto, esecuzione mobiliare, procedimento ex art.492 bis c.p.c. e esecuzione mobiliare presso terzi), ha liquidato il compenso in modo unitario ed omnicomprensivo, senza indicare le ragioni della decurtazione.
Orbene, la Corte (ex multis Cass. n. 4871/2018) ha affermato che il D.M. n. 55 del 2014 indica i parametri medi del compenso professionale dell'avvocato, dai quali il giudice si può discostare, purchè si mantenga tra il minimo ed il massimo risultanti dall'applicazione delle percentuali di scostamento, in più o in meno, previste dall'art. 4, comma 1, di tale decreto.
Anche nel regime dettato dal D.M. n. 55 del 2014 deve riconoscersi al giudice il potere di scendere al di sotto, o di salire al di sopra, dei limiti risultanti dall'applicazione delle massime percentuali di scostamento - come fatto palese dall'inciso "di regola" che si legge, ripetutamente, nel suddetto comma 1 - ma, proprio per il tenore letterale di detto inciso, tale possibilità può essere esercitata solo sulla scorta di apposita e specifica motivazione.

cass. sez. II civ ord.za n. 15006 pubbl. 28 mag 2021

viene riconosciuto il diritto del difensore che richieda la liquidazione del compenso ex art. 116 citato, ad ottenere il rimborso anche delle spese e dei compensi per le procedure di recupero del credito

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cass. sez. VI civ ord n. 11860 pubbl. 6 mag 2021

Questa Corte con ordinanza n. 24076 del 26 settembre 2019 ha accolto il primo motivo di ricorso e rigettato il secondo, cassato l'ordinanza impugnata e decidendo nel merito ha liquidato in favore del ricorrente la somma di € 1.482,78, oltre spese generali ed accessori di legge.
Nella specie, il ricorrente lamentava l'erroneità del parametro di riferimento utilizzato dal giudice dell'opposizione in quanto la causa patrocinata dall' Amato era di valore indeterminabile,
sicché il giudice nella liquidazione avrebbe dovuto fare applicazione del principio enunciato dal D.M. n. 55 del 2014, art. 5, comma 6, ai sensi del quale: "Le cause di valore indeterminabile si considerano di regola e a questi fini di valore non inferiore a Euro 26.000,00 e non superiore a Euro
260.000,00, tenuto conto dell'oggetto e della complessità della controversia."
L'avvocato Amato in data 19 giugno 2020 ha depositato ricorso per la correzione di errore materiale, ritenendo che la Corte, nel decidere la causa nel merito, pur avendo ritenuto applicabile lo scaglione previsto per le cause di valore indeterminabile, ha però errato nella quantificazione delle somme dovute, sulla base delle attività che aveva ritenuto fossero state svolte dal ricorrente, in tal modo incorrendo in un errore di calcolo.
La richiesta è meritevole di accoglimento.
Risulta incontestabile che a seguito della decisione di questa Corte di cui si richiede la correzione, è stato ritenuto applicabile per la liquidazione dei compensi dovuti all'avv. Amato lo scaglione previsto per le cause di valore indeterminabile e che, alla luce della stessa liquidazione effettuata in motivazione, si è proceduto sulla base dei valori minimi, ridotti dell'ulteriore 50% ai sensi dell'art. 130 del DPR n. 115/2002.
Tuttavia, avuto riguardo alla circostanza che la causa presupposta era una controversia di natura previdenziale e facendo applicazione dello scaglione di valore per le cause di valore indeterminabile, conformemente a quanto riportato nel ricorso per correzione di errore materiale, i compensi minimi dovevano essere pari a:
€ 810,00 per la fase di studio; € 573,00 per la fase di trattazione, € 769,50 per la fase istruttoria, € 1.750,00 per la fase decisionale, per un ammontare complessivo di € 3.903,00 da ridurre al 50% per effetto del menzionato art. 130, per un importo finale di € 1.951,50, in luogo della somma di € 1.482,75, invece liquidata nell'ordinanza contestata.
Per l'effetto va disposta la correzione della detta ordinanza, in quanto evidentemente affetta da errore di calcolo, disponendosi, che la liquidazione dei compensi in favore dell'avv. Felice Amato, di cui al primo capo del dispositivo ammonta ad € 1.951,50, oltre spese generali ed accessori.
Nulla a disporre quanto alle spese, trattandosi di procedimento di correzione di errore materiale (cfr. da ultimo Cass. n. 14/2016).
PQM
accoglie il ricorso e dispone la correzione dell'ordinanza di questa Corte n. 24076/2019, prevedendo che la liquidazione dei compensi in favore dell'avv. Felice Amato, di cui al primo capo del dispositivo ammonta ad C 1.951,50, oltre spese generali ed accessori, immutati gli altri capi del dispositivo.
Così deciso nella camera di consiglio del 5 marzo 2021

Cass. Civ. ss.uu. sent. n. 8561 pubbl. 26 mar 2021

la richiesta di distrazione viene confermata nella sua espressione di un diritto del solo difensore che allo stesso spetta in virtù del fatto che egli ha erogato le somme necessarie alle spese e non può pregiudicare i diritti soggettivi del suo assistito non abbiente per la considerazione preliminare che egli è privo del potere di disporne, oltre a tacere del fatto che esclusivamente l'ammissione al beneficio garantisce il non abbiente dalla copertura integrale delle spese non soltanto del professionista che lo assiste, ma anche degli altri costi ex art. 131 T.U. cit.
(il testo integrale va richiesto a segreteria@anvag.it)

Cass. sez. IV pen sent n. 10513 pubbl. 18 mar 2021

Il GIP con provvedimento assunto in data 22.6.2020 disponeva la revoca di ufficio, ai sensi dell'art.112 lett.d) DPR 115/2002, del decreto di ammissione al gratuito patrocinio a favore ERANO' Carmela assumendo che, sulla base degli accertamenti disposti ed eseguiti dalla Guardia di Finanza, erano risultati in capo alla richiedente diritti incompatibili con quanto da questa autocertificato
Avverso detto provvedimento ha proposto opposizione la ricorrente ai sensi dell'art.99 Dpr 115/2002 dinanzi al Presidente del Tribunale di Reggio Calabria evidenziando la illegittimità della revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in quanto le informazioni acquisite dalla Guardia di Finanza erano parzialmente inesatte e che comunque la richiedente aveva considerato gli immobili, di cui era proprietaria pro quota, ai fini del calcolo dei redditi percepiti nel corso dell'anno anteriore a quello di presentazione della richiesta.
Il giudice delegato a provvedere ha dichiarato la inammissibilità dell'opposizione assumendo che l'art.113 DPR 115/2002 consente esclusivamente il ricorso per Cassazione per violazione di legge avverso il provvedimento di revoca ufficiosa ai sensi dell'art.113 lett.d) Dpr 115/2002.
Il ricorso è fondato: costituisce pacifico approdo giurisprudenziale secondo cui avverso il provvedimento di revoca d'ufficio dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato - anche a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 168 del 2005 che ha convertito il D.L. n. 115 del 2005 - non è esperibile il ricorso per cassazione - previsto in via diretta soltanto nel caso di decreto adottato su richiesta dell'amministrazione finanziaria - ma il ricorso in opposizione, di cui all'art. 99 d.P.R. n. 115 del 2002, davanti all'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha disposto la revoca. (sez.IV 21.12.2011, Giuffrida 251938; In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha qualificato il ricorso come opposizione, ex art. 99 d.P.R. n. 115 del 2002 ed ha disposto trasmettersi gli atti; 26.10.2011 Gueye, Ry.251437; 22.6.2010, Pianadei, Ry.248082). 2. In tale senso si era espressa la giurisprudenza anche a SU (14.7.2004, Pangallo, Rv.22866

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