Corte di Cassazione

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Cass sez II civ ord n. 136 pubbl 8.1.20

“qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato ex art. 133 del d.P.R. n. 115 del 2002 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo d.P.R.”, così evitando “che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti” e consentendo inoltre “allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità”.

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Cassaz. sez.II civile sent.n. 19 pubbl. 3.1.2020

Ritiene però il Collegio di dover dare continuità alla più recente giurisprudenza di questa Corte che, rivedendo la propria iniziale posizione, ha invece escluso che possa costituire vizio del decreto di liquidazione dei compensi del difensore della parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello stato, l'eventuale differenza tra gli importi di tale liquidazione e di quella adottata carico del soccombente nel giudizio di merito. In tal senso Cass. n. 22017/2018 ha affermato che il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato ex art. 133 del d.P.R. n. 115 del 2002 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo d.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato art. 130. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l'eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità (in senso conforme Cass. n. 11590/2019; Cass. n. 8387/2019).

Cassaz. sez.II civile ord.n. 17 pubbl. 3.1.2020

questa Corte, con orientamento consolidato al quale il collegio intende dare continuità, ha affermato che, in mancanza di espressa previsione normativa, il mezzo di impugnazione avverso il provvedimento di revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato nei giudizi civili è l'opposizione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 al presidente del tribunale o della corte d'appello ai quali appartiene il magistrato che ha emesso il decreto di revoca, avendo tale opposizione, nel contesto del testo unico in tema di spese di giustizia, natura di rimedio di carattere generale; solo nel caso, contemplato dall'art. 113 stesso D.P.R., in cui il provvedimento di revoca sia stato pronunciato su richiesta dell'ufficio finanziario, ai sensi dell'art. 112, comma 1, lett. d) corrispondente all'art.127, comma 3 l'impugnazione del decreto di revoca deve avvenire con ricorso diretto per cassazione (Cass., Sez. 1, 27 maggio 2008, n.13833; Cass., Sez. 1, 10 giugno 2011, n. 12744; Cass., Sez. 1, 23 giugno 2011, n. 13807; Cass., Sez. 1, 17 ottobre 2011, n. 21400; Cass.,Sez. 6-2, 15 dicembre 2011, n. 26966; Cass., Sez. 1, 20 luglio 2012, n. 12719).

cass sez 6 civile ord n. 29543 pubbl. 14 nov 2019

in caso di crediti vantati nei confronti dell’Amministrazione dello Stato, attesa la necessità di fare applicazione delle regole di contabilità pubblica anche in relazione ai pagamenti, dovendosi a tal fine provvedere mediante appositi mandati di pagamento, non è possibile invocare la prescrizione presuntiva

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Cassaz. sez.II civile ord.n. 28150 pubbl. 31.10.19

“In tema di patrocinio a spese dello Stato, la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 non comporta mutamenti nel regime impugnatorio avverso la relativa pronuncia, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 stesso D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione”.

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Cassaz sez 6 civ ord n. 24111 del 27.9.19

sull’ammissione al gratuito patrocinio non decide la Cassazione giacchè la decisione coinvolge valutazioni di merito che sono incompatibili con le funzioni proprie del giudice di legittimità

cass sez II civ sent n. 22448 pubbl. 9 sett 2019

L'art. 83 comma 3 bis del DPR n. 115 del 2002, che ha previsto che il decreto di pagamento debba essere emesso dal giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta, relativamente ai compensi richiesti dal difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, non prevede alcuna decadenza a carico del professionista che abbia depositato la relativa istanza dopo la pronuncia del detto provvedimento, né impedisce al giudice di potersi pronunciare sulla richiesta dopo che si sia pronunciato definitivamente sul merito, avendo in realtà la finalità in chiave acceleratoria, di raccomandare che la pronuncia del decreto di pagamento avvenga contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude il giudizio.”.

Cass sez III civ sent. n. 21994 pubbl. 3 sett 2019

Laddove la causa venga intrapresa per soddisfare un credito di lavoro, l'attore è esonerato solo dal pagamento delle spese necessarie al funzionamento del processo, restando a suo carico quelle legate alla specifica domanda avanzata in giudizio. La gratuità totale è prevista solo se il soggetto è ammesso al patrocinio a spese dello Stato

Cass sez II civ. sent. n. 20385 pubbl. 26.7.2019

Il Tribunale di Forlì, su istanza dell’Agenzia territoriale delle Entrate, revocava l’ammissione al patrocinio a spese dello stato che era stata riconosciuta, in via provvisoria, ad uno dei due coniugi per il procedimento di separazione personale conclusosi con il decreto di omologazione delle condizioni di separazione.
L’Agenzia delle Entrate aveva richiesto la revoca del beneficio sulla scorta della stima del reddito del nucleo familiare del coniuge beneficiario del patrocinio ottenuta cumulando il suo reddito, che era inferiore al limite massimo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, ex artt. 76 e 92, con quello dell’altro coniuge
Il ricorso pone la questione della cumulabilità o meno dei redditi dei coniugi, ai fini della concessione del patrocinio a spese dello Stato in relazione ad una causa di separazione c.d. consensuale dei coniugi. L'art. 76 del d.p.r. n. 115/2002 al comma 2 dispone che, se l'interessato convive con il coniuge o altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante, per poi al comma 4 prevedere che si deve invece considerare il solo reddito dell'istante "quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi".
La stessa Corte aveva già affermato che "nelle cause di separazione vi è conflitto di interessi solo con il coniuge che ha promosso l'azione o che è convenuto, mentre tale conflitto non è predicabile relativamente al figlio convivente, ancorché in posizione di adesione ad una delle parti in contesa" (Cass. 30068/2017).
“L'esclusione del cumulo, ad avviso del Collegio, non va limitata al solo procedimento contenzioso di separazione giudiziale, ma vale anche per il procedimento di separazione su base concordata. Il fatto che i coniugi accedano al giudizio di omologazione sulla base di un accordo consensuale, accesso che, di regola comune, può avvenire anche unilateralmente (art. 711, secondo comma, c.p.c.), non comporta l'assenza di interessi configgenti tra i coniugi” .

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Cass. sez. IV pen. sent. n. 25854 pubbl. 12 giugno 2019

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui la Corte d’appello aveva rigettato l’istanza mediante la quale la persona offesa, costituitasi parte civile, aveva chiesto che fosse lo Stato a dover rifondere le spese processuali liquidate in suo favore a carico dell’imputato condannato e ammesso al patrocinio a spese dell’erario, la Corte ha affermato che lo Stato non può essere chiamato a sostenere, in luogo dell'imputato, le spese che sono conseguenza della sua soccombenza in quanto l'obbligo dell'erario non si estende alla tutela di diritti ulteriori rispetto a quelli strettamente connessi alla sua difesa

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