Corte di Cassazione

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Cass sez II civ sent n.20905 pubbl 18 lug 2023

Il procedimento avente ad oggetto un ordine di protezione in ambito familiare, di cui all’
art. 342 bis e ter c.c., ha natura contenziosa in quanto volto a risolvere una controversia su contrapposte posizioni di diritto soggettivo, pur con i limiti di cui si è detto al paragrafo precedente. La liquidazione del compenso al difensore va, pertanto, effettuata non sulla base della tabella n. 7 del D.M. n. 55 del 2014, concernente i procedimenti di volontaria giurisdizione, ma sulla base della tabella n. 4 (rectius n.2-ndr) dello stesso D.M. n. 55 del 2014, relativa ai giudizi ordinari dinnanzi al Tribunale.

Cass. ss.uu. ord. n. 20501 pubbl 17 lug 2023

L'attribuzione della giurisdizione al giudice ordinario va ribadita anche nel caso in cui ad essere
impugnato non sia un provvedimento di liquidazione dei compensi, ma a monte il provvedimento che abbia negato o concesso l'ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato …....anche il provvedimento di ammissione ovvero di diniego del beneficio de quo incide su diritti soggettivi, per i quali si impone, in caso di successiva contestazione in sede giudiziale, la giurisdizione
del giudice ordinario

Il caso. Nel corso del giudizio, il ricorrente aveva presentato alla Commissione competente presso il Tar istanza per l'ammissione al beneficio che era stata però respinta. Reiterata la richiesta, il Tar l'aveva dichiarata inammissibile (in assenza della notifica dell'istanza all'amministrazione statale).
Il ricorrente aveva, quindi, presentato opposizione al Tribunale ordinario di Napoli che ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, ritenendo che dovesse pronunciarsi lo stesso giudice che aveva emesso il provvedimento opposto.
Riassunto il giudizio davanti al tribunale amministrativo quest'ultimo ha sollevato il conflitto negativo di giurisdizione.

La decisione. Le Sezioni unite hanno statuito nel modo sopra descritto precisando che ad accomunare le due ipotesi è il fatto che anche il provvedimento di ammissione ovvero di diniego del beneficio "incide su diritti soggettivi, per i quali si impone, in caso di successiva contestazione in sede giudiziale, la giurisdizione del giudice ordinario".

Come già chiarito con la sentenza 8561/2021 delle stesse sezioni unite della Cassazione, il gratuito patrocinio "è espressione del diritto alla difesa ed è attuazione di un diritto costituzionale, costituendo una delle espressioni più alte e rilevanti dei cosiddetti diritti sociali, la cui funzione è essenzialmente quella di garantire ai non abbienti quel minimo di giustizia sociale che permetta loro di godere dei propri diritti" riconoscendo "una dimensione concreta al bisogno di giustizia, il quale non dovrebbe essere considerato soltanto come esigenza di avere un avvocato, secondo il modello tradizionale, ma quale necessità di assistenza a tutti i livelli in cui si esprime l'azione, sottolineandosi l'esigenza di rendere appunto effettiva l'assistenza giudiziaria ai non abbienti" e quale necessità di assistenza a tutti i livelli in cui si esprime l'azione, sottolineandosi l'esigenza di rendere appunto effettiva l'assistenza giudiziaria ai non abbienti nel quadro di un adeguamento costante delle strutture processuali ai principi sanciti dagli artt. 3 e 24 Cost. e dai principi sovranazionali di cui agli artt. 6 CEDU (comma 1: diritto ad un equo processo davanti ad un tribunale indipendente al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi obblighi di
carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta; comma 3: oltre al diritto di difendersi da sé o ad avere l'assistenza di un difensore di propria scelta e, se non ha i mezzi, il diritto di essere assistito gratuitamente da un avvocato d'ufficio), 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e 14, lett. d), del Patto internazionale sui diritti civili e politici, oltre alla Direttiva UE/3/2008, in parte integrata e sostituita dal regolamento CE 4/2009".

"L'importanza da ascrivere al diritto al patrocinio a spese dello Stato – prosegue la decisione - depone quindi per la conclusione che, ove lo stesso sia denegato con provvedimento assunto dagli organi che la legge deputa a vagliare in via preventiva, debba darsi un rimedio, che è stato appunto individuato nell'opposizione di cui all'art. 170 TUSG, e che la giurisdizione sia in capo al giudice ordinario, in ragione della situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio".

Né può addursi come elemento contrario il fatto che i provvedimenti oggetto di opposizione provengano da soggetti che ricoprono anche la qualità di organi giurisdizionali, "prevalendo a tal fine la considerazione, già espressa nella sentenza SS.UU. n. 20405/2019, secondo cui il decreto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato esula dalle attività processuali direttamente collegate alle funzioni giurisdizionali attribuite al giudice amministrativo".

E' pacifica la natura amministrativa dei provvedimenti con i quali si è chiamati ad intervenire sull'ammissione al beneficio del patrocinio come il provvedimento ammissivo del Consiglio dell'Ordine degli avvocati, cui la legge affida la decisione di ammettere la parte in via provvisoria, ha natura amministrativa (Cass. n. 1624 del 19/01/2022) e ancora più per i provvedimenti di
ammissione per i giudizi amministrativi per i quali (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 11/03/2019, n.1637), l'istanza di gratuito patrocinio va presentata ad apposite Commissioni che adottano provvedimenti con valenza anticipata e provvisoria, di carattere amministrativo e non giudiziale” dovendo “escludersi che si sia al cospetto dell'impugnazione di un provvedimento di carattere giurisdizionale, destinato a rimanere, in sede di impugnazione, nell'alveo del plesso giurisdizionale cui appartiene l'organo che lo ha emesso, e che piuttosto, ai fini della giurisdizione, debba guardarsi alla consistenza della situazione giuridica dedotta in giudizio, che nella fattispecie non può che deporre per la giurisdizione del GO”.

Cass. Sez. IV pen sent. n. 28810 pubbl. 5 lug 2023

Il difensore ricorre per cassazione per conto di un imputato, cui è stata revocata l'ammissione al gratuito patrocinio, originariamente concessa, a seguito di informativa dell'Agenzia delle Entrate che ha rilevato, per gli anni 2020 e 2021, la percezione da parte dell'istante di redditi superiori al limite consentito di Euro 11.746,68, elevato di ulteriori Euro 1.032,91 per ogni componente del nucleo familiare (precisamente, Euro 15.612,00 per l'anno di imposta 2021; Euro 15.198,00 per l'anno di imposta 2020).
Secondo il ricorrente il giudice di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che il reddito tipizzato dall'art. 76 dpr. n. 115 del 2002 è costituito dal reddito imponibile ai fini IRPEF, depurato da deduzioni e detrazioni (che nel caso di specie ammontano a Euro 5.297,01).
La Corte ha respinto il ricorso muovendo dal disposte delll'art. 76 del dpr. n. 115 del 2002 che, nell'indicare le condizioni di ammissione al gratuito patrocinio, non fa solo riferimento al “reddito imponibile ai fini dell'imposta personale (…) risultante dall'ultima dichiarazione”, bensì anche ai “redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero ad imposta sostitutiva”, precisando che detta norma non va interpretata secondo le categorie del diritto tributario, ma va inquadrata nel differente sistema delle regole sottese all'intervento dello Stato a garanzia della difesa in giudizio dei non abbienti, a fronte della quale l'accertamento della condizione di “non abbiente” deve attingere a categorie per cui rilevi l'accertamento degli introiti effettivi del richiedente, tali da consentire o meno la possibilità di affrontare le spese di un giudizio.
Di conseguenza il concetto di “reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito”, non va inquadrato nel concetto tecnico proprio del sistema del diritto tributario, ma deve essere letto alla luce della differente ratio che governa l'intervento dello Stato nell'assicurare il patrocinio ai non abbienti: l'esigenza di autorizzare il trasferimento allo Stato della spesa della difesa tecnica che la parte da sola non riesce a sostenere, così facendo appello alla solidarietà della collettività.
Sul punto, le pronunce della Corte Costituzionale in materia (sentenza n. 382 del 1985 e
sentenza n. 144 del 1992) hanno chiarito che il concetto di reddito imponibile ai fini del sistema tributario, attenendo alla pretesa fiscale dello Stato, ha contenuti, significati e finalità del tutto diverse dall'accertamento che deve compiersi per la concessione del patrocinio legale a spese dello Stato medesimo e ciò in tanto in quanto nella nozione di reddito, ai fini dell'ammissione del predetto beneficio, “devono ritenersi comprese le risorse di qualsiasi natura, di cui il richiedente disponga, anche gli aiuti economici (se signifificativi e non saltuari) a lui prestati, in qualsiasi forma, da familiari non conviventi o da terzi” (sentenza 382/1985); e “rilevano anche redditi che non sono stati assoggettati ad imposta vuoi perchè non rientranti nella base imponibile, vuoi perchè esenti, vuoi perchè di fatto non hanno subito alcuna imposizione. Quindi rilevano anche redditi da attività illecite che, secondo una recente giurisprudenza non sono sottoposti a tassazione - ovvero redditi per i quali è stata elusa l'imposizione fiscale” (sentenza 144/1992)
Tale indirizzo interpretativo è stato più volte confermato dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha ripetutamente affermato come qualsiasi introito che l'istante percepisce con caratteri di non occasionalità confluisce nel formare il reddito personale, ai fini della valutazione del superamento del limite indicato nel dpr. n. 115 del 2002.
Nel caso de quo, quindi, nella determinazione del reddito, da valutarsi ai fini dell'individuazione delle condizioni necessario per l'ammissione al gratuito patrocinio, non si può tener conto di detrazioni o deduzioni stabilite dal legislatore poiché si tratta di poste finalizzate alla determinazione concreta dell'imposta da pagare, concetto questo che presenta una configurazione diversa rispetto al reddito imponibile cui fa riferimento il dpr n. 115 e che intende dare rilevanza al reddito lordo ed anche a redditi non assoggettabili ad imposta ma indicativi delle condizioni personali, familiari e del tenore di vita dell'istante.

Cass sez IV pen sent n. 27600 pubbl 26 giu 2023

Il ricorso viene dichiarato inammissibile in quanto, per la Corte, è inammissibile l'autodifesa tecnica nel giudizio di legittimita' anche nel caso in cui l'imputato sia un avvocato regolarmente iscritto nell'albo professionale speciale, in difetto di espressa previsione di legge che la legittimi, dovendo nel processo penale la difesa personale essere necessariamente affiancata dalla difesa tecnica terza

In tema di patrocinio a spese dello Stato, la revoca del beneficio per mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito previste dalla legge, pur avendo efficacia retroattiva, non comporta l'inefficacia del decreto di pagamento del difensore emesso prima della revoca del provvedimento di ammissione.

Il Gip del Tribunale di Marsala revocava il decreto reso da quell'Ufficio in favore dell'Avv.XX ai sensi dell'articolo 82 del D.P.R. n. 115, quale difensore di fiducia di YY, gia' ammesso al patrocinio dello Stato per i non abbienti, beneficio successivamente revocato con effetto retroattivo dal Gip del Tribunale di Marsala con conseguente revoca del decreto di liquidazione.

L'avv. XX propone personalmente ricorso per cassazione assumendo che, con riguardo al caso di decreto di liquidazione gia' esecutivo emesso in favore del difensore, cui segua la revoca dell'ammissione al gratuito patrocinio, si registrano due orientamenti differenti in ordine all'efficacia del decreto di pagamento:

1) e' legittima la revoca del beneficio per difetto originario dei requisiti anche se sia gia' stato emesso decreto di pagamento del difensore definitivo ed esecutivo, in quanto la revoca ha effetto retroattivo anche sui diritti del patrocinatore, con conseguente potere dell'amministrazione finanziaria, in caso di intervenuto pagamento, di agire per il recupero nei confronti dell'imputato ammesso al patrocinio successivamente revocato;

2) la revoca del beneficio per mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito previste dalla legge, pur avendo efficacia retroattiva, non comporta l'inefficacia del decreto di pagamento del difensore emesso prima della revoca del provvedimento di ammissione (ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 10159/2020, ed in riferimento ad esso il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione chiedeva l'annullamento senza rinvio del provvedimento di revoca del decreto di liquidazione compensi, gia' passato in giudicato).

Ma é inammissibile l'autodifesa tecnica nel giudizio di legittimità anche nel caso in cui l'imputato sia un avvocato regolarmente iscritto nell'albo professionale speciale, in difetto di espressa previsione di legge che la legittimi, dovendo nel processo penale la difesa personale essere necessariamente affiancata dalla difesa tecnica terza, così come statuito in Sez. 1, n. 5022 del 22/11/2022.
In conclusione, l'avvocato che veda revocato il decreto di liquidazione del compenso professionale è soggetto interessato abilitato ad impugnare ma non può autorappresentarsi per il sol motivo di essere avvocato iscritto al patrocinio innanzi alle corti superiori essendo esclusa, nel processo penale, l'autotutela (Sez.4, 15/10/2020, n.1117).

Cass. Sez II civ ord. n. 18134 pubbl 26 giu 2023|

La Corte di Cassazione chiarisce quali redditi vengono presi in considerazione ai fini dell'esclusione del patrocinio a spese dello Stato e, in particolare va considerato anche il reddito della convivente all'epoca del giudizio.
Il Tribunale di Varese revocava l'ammissione di XX al beneficio del patrocinio a spese dello Stato disposta in via anticipata e provvisoria dall'Ordine Forense in relazione a due giudizi civili svoltisi dinanzi al medesimo ufficio giudiziario; nel contempo, respingeva l'istanza di liquidazione dei compensi formulata dal suo difensore, avv. YY.
L'opposizione ex art. 170 t.u.s.g. veniva respinta e quindi, XX e l'avv. YY hanno proposto ricorso per cassazione, sostenendo, ai fini della verifica della sussistenza delle condizioni per l'ammissione al beneficio del gratuito patrocinio, che:
1) i redditi di XX non andavano sommati a quelli prodotti dalla sua ex compagna di vita, Lucilla, essendo pacifico che il rapporto di convivenza fra i due era gia' cessato da tempo e che il loro legame affettivo "risultava chiaramente venuto meno anche de facto" sin da quando l'odierno ricorrente era stato sottoposto a detenzione carceraria per aver riportato una condanna penale definitiva;
2) cio' che normativamente rileva ai fini dell'ammissione al beneficio non e' l'esistenza o meno di un rapporto affettivo o la relativa affettivita' tra due persone, bensi' la coabitazione materiale, fisica, che, per tabulas, e' unicamente dimostrabile attraverso il certificato a cio' redatto, ovvero quello di stato di famiglia.
La Corte disattende tale interpretazione confermando il seguente principio:
“ai sensi dell'articolo 76, comma 2, Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito da tenere in considerazione ai fini dell'ammissione al beneficio del gratuito patrocinio e' costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante”.
Erga: la locuzione "componente della famiglia" ha una sua specifica pregnanza, avendo il legislatore voluto tenere conto della capacita' economico-finanziaria di tutti coloro che, per legami giuridici o di fatto, comunque concorrono a formare il reddito familiare del soggetto richiedente il beneficio.
Cio' in quanto non sarebbe conforme ai principi costituzionali di solidarieta', di equa distribuzione e di partecipazione di ogni cittadino alla spesa comune attraverso il prelievo fiscale il fatto di gravare i contribuenti del costo della difesa di chi puo' fruire dell'apporto economico dei vari componenti il nucleo familiare, ancorche' il suo reddito personale gli consenta di accedere al beneficio.
Del resto, coerente con tale impostazione e' l'ormai consolidato orientamento di legittimita' che ritiene vadano computati anche i redditi del convivente more uxorio: il rapporto di convivenza familiare, essendo caratterizzato da continuativi rapporti di affetto, da costante comunanza di interessi e responsabilita', e dunque da un legame stabile e duraturo, prescinde dalla coabitazione fisica e non puo' ritenersi escluso dallo stato di detenzione, pur protratto nel tempo, di uno dei componenti del nucleo familiare, il quale, pertanto, anche in una siffatta ipotesi, dal momento che Lucilla conviveva con XX durante la pendenza dei giudizi civili non puo' omettere di indicare, nell'istanza di ammissione, il reddito dei familiari conviventi.
La Corte afferma che la prova della convivenza, proprio perché realizza una situazione di fatto e non di diritto, non può essere fornita solo attraverso la produzione delle risultanze anagrafiche, essendo invece ricavabile da ogni accertata evenienza fattuale che, nella sostanza e nella realtà, dia contezza della sussistenza di un simile rapporto.
Nel caso de quo, correttamente il Tribunale ha provveduto alla revoca del beneficio in quanto era stato appurato, sulla scorta delle informazioni fornite dall'Ufficio Finanziario competente, che il ricorrente, durante la pendenza dei giudizi civili per i quali era stato richiesto il beneficio del gratuito patrocinio conviveva e che nessuna prova era stata fornito circa la cessazione del rapporto di convivenza.

Cass sez III pen sent. n. 25584 pubbl 14 giu 2023

In sede rescissoria la Corte di appello di Messina ha confermato la condanna dell'imputato ex art. 95 dpr n. 115/02 osservando che: a) il reato sussiste sotto il profilo oggettivo (questione peraltro mai messa in discussione); b) quanto al profilo soggettivo, l'imputato in sede di esame ha proposto una tesi che sconfessa quella, ben più articolata, del proprio difensore; c) in particolare, aveva affermato di aver chiesto al figlio se lavorava, ottenendo risposta negativa, e che la moglie era proprietaria di autovetture da demolire, non funzionanti; non aveva affermato alcunché su presunti errori o malintesi in ordine alla titolarità di beni mobili ed immobili da parte dei componenti del
nucleo famigliare, men che meno sul fatto che il figlio non faceva parte del nucleo famigliare all'epoca della domanda, deduzione non dimostrata e non risultante dagli atti; d) la circostanza è rilevante perché il figlio era proprietario unico di venti terreni ubicati nel comune di residenza dell'imputato, sicché si fatica a credere che egli ignorasse il dato; e) ne consegue che l'omissione è
frutto di una scelta volontaria e consapevole, quantomeno a titolo di dolo eventuale.
La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio.
Ribadisce innanzitutto il principio secondo il quale, in tema di patrocinio a spese dello Stato, nel caso di istanza che contenga falsità od omissioni, l'effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio, seppure non impedisce l'integrazione dell'elemento oggettivo del delitto di cui all'art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, può, tuttavia, assumere rilievo con riguardo all'elemento soggettivo dell'illecito, quale sintomo di una condotta dovuta a un difetto di controllo e, quindi, colposa, salva emersione di un dolo eventuale, che deve essere compiutamente dimostrato (Sez. 4, n. 35969 del 29/05/2019, Rv. 276862 - 01; Sez. 4, n. 4623 del 15/12/2017, Avagliano, Rv.
271949 - 01; Sez. 4, n. 45786 del 04/05/2017, Bonofiglio, Rv. 271051 - 01; Sez. 4, n. 21577 del 21/04/2016, Bevilacqua, iRv. 267307 – 01).
Ebbene, i redditi del figlio andavano comunque dichiarati; ciò nondimeno: a) la rubrica attribuisce al ricorrente una condotta (la mancata indicazione di diritti reali su beni mobili ed immobili) estranea al paradigma normativo di cui all'art. 79, d.P.R. n. 115 del 2002, e, di conseguenza, al precetto penale; b) tuttavia la Corte di appello continua ad insistere su questo aspetto senza piuttosto chiarire quali fossero i redditi del figlio del ricorrente da questi non dichiarati; c) la prova del dolo (che, come detto, deve essere più intensa quando, come nel caso di specie, l'imputato avrebbe avuto comunque diritto al beneficio) non può fondarsi sullo collamento tra quanto dichiarato dall'imputato in sede di esame e quanto dedotto dal difensore nei suoi scritti difensivi.

Cassaz sez IV pen. sent. n. 24021 pubbl 5 giu 2023

Il Tribunale di Teramo aveva revocato, su istanza dell'Amministrazione finanziaria, il decreto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato già emesso in favore di XY in data 24/6/2017 nell'ambito del procedimento n. 79/2022 pendente di fronte al medesimo Tribunale.
Avverso tale decreto ha proposto ricorso per cassazione il difensore articolando un unitario motivo di impugnazione, con il quale ha dedotto la violazione di legge in relazione all'art.76 del d.P.R.
n.115/2002, nella parte in cui era stato sommato il reddito dell'istante con quello di un familiare non convivente.
La pregiudiziale eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall'Agenzia delle Entrate e dal Procuratore generale è fondata.
Sul punto, l'art.113 del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, stabilisce che «Contro il decreto che decide sulla richiesta di revoca proveniente dall'ufficio finanziario, l'interessato può proporre ricorso per cassazione, senza effetto sospensivo, entro venti giorni dalla notizia avuta ai sensi dell'articolo 97».
Ciò posto, nel caso di specie risulta che il decreto di revoca è stato comunicato a mezzo posta elettronica certificata il 27/6/2022, conseguendone che il relativo termine andava a scadere il 17/7/2022, giorno festivo, con conseguente proroga del termine - ai sensi dell'art.172, comma 3, cod.proc.pen. - al successivo 18/7/2022; derivandone la tardività del ricorso sulla base della data di notifica dello stesso, avvenuta il 19/7/2022.
La Corte richiama il principio in base al quale nel procedimento per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato trovano applicazione le regole procedurali proprie del rito penale, per cui il ricorso in cassazione avverso l'ordinanza che decide sulla opposizione alla revoca del gratuito patrocinio deve essere presentato mediante deposito presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, ai sensi degli artt. 582 e 583 cod. proc. pen., senza che abbia efficacia sanante la rìchiesta a quest'ultimo di inoltro del fascicolo processuale alla cancelleria della Corte di cassazione (Sez. 4, n. 16616 del 27/02/2019).
In sostanza - nel caso di specie - il ricorrente ha ritenuto di applicare la disciplina del codice di procedura civile e pertanto ha notificato il ricorso alla controparte processuale ai sensi dell'art.369 cod.proc.civ. per poi depositare il ricorso notificato presso la cancelleria del giudice ad quem.

Cassaz sez VI pen sent n. 20636 pubbl. 15 mag 2023

La facoltà dell'indagato o dell'imputato di eleggere il proprio domicilio, regolata dagli artt. 161 e 162 ccd. proc. pen., comprende anche la possibilità di modificare la precedente elezione, senza che rilevino i motivi per i quali tale facoltà venga esercitata.

La Corte d'appello di Reggio Calabria confermava lo condanna inflitta in primo grado ad un imputato per i reati ex artt. 572, comma 1, e 61 n. 1, 582 e 585 in relazione al 576 comma 1, nn. 1 e 5, e 577, comma 1 n.1 cod. pen.
Il difensore ricorre in cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza per inosservanza degli artt. 178 lettera c) e 179, comma 1, cod. proc. pen. per omessa citazione dell'imputato perché il decreto di citazione in appello non gli era stato notificato presso il secondo nuovo domicilio eletto.
Il difensore precisa di aver effettuato due diverse elezioni di domicilio: la prima nella richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato (da ritenersi sicuramente depositata in orario mattutino quando la cancelleria è aperta al pubblico) e la seconda nel verbale di interrogatorio di persona sottoposta a indagini dove elegge domicilio, sostenendo che la dichiarazione di domicilio che va considerata valida è quella posteriore e non quella anteriore presso il difensore di fiducia (al quale è subentrato, perché cassazionista, il difensore che ha redatto il ricorso in esame).
Mac Corte addita afferma che "l'elezione di domicilio contenuta nell'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato opera anche nel procedimento principale per il quale il beneficio è richiesto, non rilevando l'espressa volontà dell'imputato di limitarne gli effetti al procedimento incidentale, perché l'art. 161 cod. proc. pen. non consente parcellizzazioni degli effetti delle dichiarazioni di domicilio nell'ambito di uno stesso procedimento" (cfr. Cass. n. 12243 del 13/02/2018), ma "questo principio non vale se emerge anche solo implicitamente la volontà dello stesso imputato o indagato di ricevere le successive notificazioni nel luogo indicato perché la facoltà dell'indagato o dell'imputato di eleggere il proprio domicilio, regolata dagli artt. 161 e 162 ccd. proc. pen., comprende anche la possibilità di modificare la precedente elezione, senza che rilevino i motivi per i quali tale facoltà venga esercitata" (cfr. Cass. n. 38683 del 03/06/2014).
Nel caso in esame, la modifica è stata espressa nel verbale di interrogatorio di persona sottoposta a indagini proprio davanti al Gip in quel momento procedente nell'ambito del procedimento principale, poi protrattosi sino al grado di appello.

Cass sez IV pen. sent. n. 20262 dep 12 mag 2023

Il Tribunale di Catania dichiara inammissibile il ricorso in opposizione presentato ex art. 702 bis cod. proc. civ. avverso il decreto del Tribunale con cui era stata rigettata l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in quanto tardivo.
Infatti, il decreto di rigetto è stato comunicato al difensore in data 13 novembre 2018 e il ricorso in opposizione era stato depositato in data 4 dicembre 2018, ovvero oltre il ventesimo giorno previsto dall'art. 99 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Motivi del ricorso:
- il deposito telematico si perfeziona con l'emissione della seconda pec, ovvero quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza, deponendo in tal senso anche le cc.dd. Specifiche Tecniche emanate in attuazione del DM Giustizia n. 44/2011;

nel caso di specie, I' opposizione era stata iscritta a ruolo il 3 dicembre 2018, data in cui il sistema aveva generato le pec di accettazione e consegna deposito ed altresì la terza pec "esito controlli automatici" alle ore 20.50 del medesimo giorno, mentre era stato accettato dalla cancelleria data il 4 dicembre 2018, data in cui cui il sistema aveva generato la quarta pec "accettazione deposito”.

Per la Cassazione il ricorso è fondato: sul punto ribadisce che:

a) il deposito telematico degli atti processuali può dirsi perfezionato con l'emissione della seconda pec, ovvero la ricevuta dì avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia, come disposto dall'art.16 bis, comma 7, d.l n. 179/2012 (convertito in L. n. 221/2012), inserito dall'art. 1, comma 19, n. 2) della L. n. 228 del 2012;

b) la seconda PEC, la cd. "Ricevuta di consegna", attesta che l'invio è intervenuto con consegna nella casella di posta dell'ufficio destinatario e rileva ai fini della tempestività del deposito, che si considera perfezionato in tale momento, con effetto anticipato e provvisorio rispetto all'ultima PEC, cioè subordinatamente al buon fine dell'intero procedimento di deposito, che è quindi fattispecie a formazione progressiva;

c) la terza PEC attesta l'esito dei controlli automatici del deposito, sull'indirizzo del mittente, che deve essere censito in ReGIndE; il formato del messaggio, che deve essere aderente alle specifiche; la dimensione del messaggio, che non deve eccedere quella massima consentita (30 MB);

d) la quarta PEC attesta, infine, l'esito del controllo manuale del Cancelliere, ovvero se il deposito è stato accettato o meno dalla Cancelleria: con tale accettazione, e solo a seguito di essa, si consolida l'effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC;

e) di conseguenza la la verifica da parte del Giudice della tempestività del ricorso deve avvenire con riferimento al momento di emissione della seconda PEC.

Cass sez II civ sent. n. 11796 pubbl 5 mag 2023

Il Tribunale di Terni ha ritenuto infondata la richiesta di liquidazione del compenso per la difesa di una parte in materia di espulsione dello straniero ammessa al gratuito patrocinio, rilevando che l'opponente non aveva prodotto il provvedimento di ammissione della parte al beneficio di legge e non era legittimato ad opporsi al provvedimento.

Il difensore sostiene che "nei giudizi di opposizione ai provvedimenti di espulsione dello straniero, la parte è ammessa di diritto al patrocinio a spese dello Stato, non occorrendo alcuna ulteriore prova dei presupposti per accedervi" e assume che anche il difensore poteva dolersi della pronuncia, essendo in discussione la sola inosservanza dell'onere della prova dei presupposti per ottenere la liquidazione.
Il motivo è fondato.
Legittimato a dolersi del provvedimento è il difensore della parte, come spiegato in sentenza "avendo il primo giudice semplicemente dichiarato il non luogo a provvedere sull'istanza di liquidazione per il mancato deposito del provvedimento di ammissione e quindi sull'errata conclusione che, nei procedimenti di espulsione dello straniero, sussisterebbe l'onere della parte di documentare l'ammissione mediante la produzione di un provvedimento formale, sebbene detta ammissione discenda per legge nel concorso dei indicati presupposti. Nei procedimenti di impugnazione dei provvedimenti di espulsione dello straniero, la parte che ne faccia richiesta è difatti ammessa di diritto a beneficiare del patrocinio a spese dello Stato".
La Corte chiarisce che il regime è previsto dal dlgs. n. 286/1998 e confermato nel Dpr n. 115/2002 e nel D.Lgs. n. 150/2011 e la stessa Corte Costituzionale ha affermato che "la scelta di porre a carico dell'erario l'onorario e le spese spettanti all'avvocato e all'ausiliario del magistrato, rientra nella piena discrezionalità del legislatore e non appare né irragionevole né lesiva del principio di parità di trattamento, considerata la peculiarità del procedimento di espulsione dello straniero" (cfr. Corte Cost. n. 439/2004).
La Corte conclude, pertanto, che "l'ammissione della parte al beneficio, e quindi il diritto del difensore a pretendere la liquidazione dei compensi maturati per l'attività svolta - concludono i giudici accogliendo il ricorso - prescinde dalla presentazione di un'apposita istanza: in tal caso il giudice deve limitarsi a verificare se la parte sia uno straniero extracomunitario e se il procedimento abbia ad oggetto l'impugnazione del decreto di espulsione, senza poter richiedere la produzione di uno specifico provvedimento di ammissione (cfr., Cass. 13833/2008).

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