Cass sez IV pen sent n. 30047 pubbl 23 lug 2024
Il Tribunale di Roma ha rigettato l'opposizione confermando il diniego del patrocinio a spese dello Stato, in quanto il richiedente cittadino straniero comunitario di nazionalità rumena, non residente in Italia, aveva indicato unicamente il codice fiscale della Romania e la residenza all’estero.
Secondo il Tribunale, in quanto cittadino dell’Unione Europea, avrebbe dovuto richiedere il codice fiscale ad un ufficio territoriale della Agenzia delle Entrate, precisando che l’ordinanza della Corte Costituzionale n. 144/2004, invocata dall’imputato avrebbe regolato il diverso caso di stranieri presenti irregolarmente nel territorio dello Stato ovvero il caso di impossibilità, per ragioni oggettive, a fornire il codice fiscale.
La Corte premette che l’articolo 79 del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 prevede, a pena di inammissibilità della domanda, l’indicazione del codice fiscale. In sede di disciplina dei casi in cui è obbligatoria l’indicazione del codice fiscale, il testo dell’articolo 6, secondo comma, del Dpr n. 605/1973 (Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti), prevede espressamente che «l’obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all’art. 4» - dello stesso Dpr - «con l’eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all’estero». Il citato art. 4, primo comma, lettera a), del Dpr (n. 605 del 1973) richiede, ai fini dell’attribuzione del numero di codice fiscale delle persone fisiche, esclusivamente i seguenti dati: cognome, nome, luogo e data di nascita, sesso e domicilio fiscale.
“Il ricorrente ha dedotto che, al momento del deposito dell’istanza, era presente in Italia da soli 40 giorni e che dunque aveva la titolarità non di un codice fiscale italiano, ma del codice fiscale del paese di residenza (la Romania), che aveva indicato nel ricorso unitamente al proprio domicilio nello stato di residenza”.
“Orbene, alla stregua della normativa sopra indicata, agli effetti dell'ammissibilità della istanza volta ad ottenere il beneficio in questione, nulla appare escludere la possibilità che lo straniero non residente in Italia, pure se residente in un paese UE, in luogo dell’indicazione del codice fiscale, fornisca i dati di cui all’art. 4 citato, oltre al proprio domicilio all’estero. Dalle norme in questione, infatti, non si ricava alcun onere, per il cittadino straniero non residente, di munirsi di un codice fiscale italiano al fine di avanzare la richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fermo restando l’obbligo, di cui all’art 76 del DPR 115 del 2002, di allegazione alla istanza del reddito prodotto come risultante dalla ultima dichiarazione presentata nel paese di residenza”.
“Né la lettura della ordinanza della Corte Costituzionale porta alle conclusioni cui è pervenuto il Tribunale di Roma. In quella sede, infatti, il giudice delle leggi, decidendo sulla legittimità costituzionale dell’articolo 79 DPR 115/ 2002 se interpretato nel senso di richiedere, a pena di inammissibilità, anche per il cittadino extracomunitario il codice fiscale, ha rilevato che la lettura congiunta dell’art. 6 e dell’art. 4 del DPR n. 605 del 1973 consentiva di ritenere sufficiente, per il cittadino straniero irregolare, la sola indicazione del domicilio nel paese estero. Dall’ordinanza citata non si ricava però, come si ritiene nel provvedimento impugnato, che il presupposto di applicazione dell’art. 4 DPR n.605 del 2002 sia il fatto che l’istante si trovi nella impossibilità di richiedere la titolarità del codice fiscale italiano”.
(chiedere a segreteria@anvag.it la copia integrale della sentenza)