Cass. Sez VIciv. ord. n. 4770 pubbl. 14 feb 2022
il Tribunale di Lecco ha rigettato l’opposizione proposta da Colombo Cristina avverso il provvedimento di liquidazione del compenso a lei spettante a fronte dell’attività professionale resa in favore di soggetto difeso di ufficio. Il Tribunale riteneva corretta la determinazione del compenso operata dal primo giudice, il quale aveva applicato i valori medi di tariffa, riducendoli del 50% a sensi dell’art. 12 del D.M. n. 55 del 2014, ed operando poi l’ulteriore riduzione prevista dall’art. 106 bis del D.P.R. n. 115 del 2002.
La successiva applicazione della ulteriore decurtazione di cui all’art. 106-bis del D.P.R. n. 115/2002 non costituisce violazione del minimo tariffario, da un lato in quanto si tratta di disposizione speciale, applicabile soltanto alle liquidazioni del compenso previsto per il difensore di ufficio dell’imputato irreperibile, e dall’altro lato in quanto, per detta specifica ipotesi, si ravvisano le medesime esigenze di contemperamento tra la tutela dell’interesse generale alla difesa del non abbiente ed il diritto dell’avvocato ad un compenso equo, che avevano condotto questa Corte a ritenere manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 130 del D.P.R. n. 115/2002 (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9808 del 23/04/2013, Rv. 626252; Corte cost. n. 350
del 2005, n. 201 del 2006, n. 270 del 2012). Anche in questo caso, infatti, si configura un moderato sacrificio delle aspettative economiche del professionista, che da un lato non ne svilisce il ruolo,
posto che la riduzione prevista dall’art. 106-bis in esame non riduce il compenso ad un valore meramente simbolico, né determinato a prescindere dalla valutazione della natura, contenuto e pregio dell’attività, e dall’altro lato si giustifica alla luce della tutela dell’interesse generale di cui anzidetto.
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