Cass. Sez IIIciv. sent n. 8489 pubbl. 16 mar 2022

Trattasi di giudizio nei confronti della locale ASL concernente risarcimento dei danni patiti iure proprio e iure hereditatis in conseguenza del decesso della madre.
La Corte territoriale ha ritenuto non esservi prova né del fatto che il fisioterapista avesse posto in essere manovre inadeguate rispetto alle condizioni della paziente, né di cosa fosse effettivamente successo nell'intervallo temporale tra la seduta di fisioterapia e l'ingresso al pronto soccorso, di guisa che doveva escludersi l'incidenza causale dell'aggravamento delle condizioni della donna sull'exitus, avendo l'ausiliare attribuito la causa della morte ad una serie causale autonoma
consistente nelle pregresse patologie in atto, e non essendovi riscontro del sopraggiungere dell'embolia dal focolaio di frattura dell'omero destro.
I motivi sono inammissibili perché volti a rimettere in discussione un accertamento di merito quale quello della sussistenza delle condizioni per poter, sulla base del criterio del più probabile che non,
ritenere provata la responsabilità della struttura sanitaria o del soggetto responsabile per la fisioterapia. Le censure non veicolano, infatti, alcun vizio in iure ma sono esclusivamente volte a riproporre un nuovo accertamento degli elementi di fatto e delle prove.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, ammessi al gratuito patrocinio, a pagare, in favore di ciascuna parte resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro 5000 (oltre euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi dell'art. 13, comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002 pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.