Cass sez IVpen sent n. 28249 pubbl. 19 lug 2022

L'omessa indicazione di una parte del reddito nell'istanza con cui si chiede il gratuito patrocinio non giustifica la revoca del beneficio se computando il reddito omesso non viene superata la soglia per l'ammissione.

Nella decisione annullata, che ha disposto la revoca ex tunc a norma dell'articolo 95 del Dpr 115/2002 (non era stato, infatti, indicato dall'istante il reddito del figlio rientrante nel suo nucleo familiare).la norma posta a base della revoca non ha rilevanza immediata nel far venir meno i presupposti del beneficio, ma persegue la falsità dell'autocertificazione reddituale. E la revoca con effetti ex tunc del beneficio e di quanto fino ad allora percepito scatta con la definitività dell'accertamento penale sulla condotta.

Quindi se - come nel caso concreto - a seguito di rapporti della Guardia di Finanza, risultano fonti di reddito non comprese nella dichiarazione sostitutiva resa dall'istante va valutato se sommate, a quanto invece dichiarato, determinino o meno il superamento della soglia di ammissione al gratuito patrocinio. Se tenuto conto dei redditi occultati consapevolmente o inconsapevolmente non c'è sforamento della soglia massima stabilita. i presupposti per aver diritto all'ammissione al gratuito patrocinio non possono considerarsi de plano venuti meno.
Si legge nella sentenza:
…..”deve preliminarmente osservarsi che la decisione impugnata compie una sorta di sovrapposizione fra la disciplina per l'ammissione al beneficio (o per la sua revoca) e quella che punisce il reato di falso, contenuta nell'art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002.
….................La revoca prevista dall'art. 95, comma 2. d.P.R. cit., conseguente alla condanna
per il reato di falsità nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, nelle dichiarazioni, nelle indicazioni e nelle comunicazioni previste dall'art. 79, comma 1, lett. b), c) e), implica, infatti, l'irrevocabilità della sentenza che accerta il delitto.
…..................Va ora rilevato che, in base all'insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte,
in tema di patrocinio a spese dello Stato, la falsità o l'incompletezza della dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista dall'art. 79, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 115 del 2002, non comporta, qualora i redditi effettivi non superino il limite dí legge, la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che può essere disposta solo nelle ipotesi espressamente disciplinate dagli artt. 95 e 112 d.P.R. n. 115 del 2002 (Sez. U, n. 14723 del 19/12/2019, dep. 2020, Pacino, Rv. 278871).
…..............Le Sezioni Unite hanno altresì chiarito che «la soluzione adottata è del resto coerente con la ratio dell'istituto del gratuito patrocinio, il cui fondamento è costituito dalla tutela del diritto inviolabile alla difesa per la persona sprovvista di mezzi economici: all'indagato, all'imputato o al condannato ammessi al gratuito patrocinio è così attribuita la facoltà di scelta di un proprio difensore di fiducia (iscritto all'albo specifico), senza alcun onere economico, con la possibilità di nominare ed utilizzare la prestazione di consulenti tecnici di parte ed investigatori» e che il principio affermato è in linea con le norme costituzionali ed internazionali fondamentali di riferimento, in tema di diritto di difesa e di diritto all'equo processo (artt. 24, 111 Cost., 6 CEDU e 14, par. 3, lett. d), del Patto sui diritti civili e politici).
Secondo le Sezioni Unite la disciplina è volta a tempestivamente esonerare dalle spese di difesa il titolare di redditi posti al di sotto della soglia prevista e «l'esigenza, recessiva rispetto ai canoni costituzionali e di diritto europeo sopra richiamati, di recuperare le somme corrisposte dallo Stato, a fronte di comportamenti non del tutto trasparenti ed affidabili da parte dell'istante, è soddisfatta dalla previsione della revoca dell'ammissione con effetto retroattivo, in conseguenza dell'intervenuta condanna in sede penale, che non può prescindere dall'accertamento dell'elemento soggettivo».
L'omessa indicazione di un reddito nell'autodichiarazione da allegare all'istanza, pertanto, non costituisce di per sé motivo di reiezione, purché il reddito del nucleo sia effettivamente inferiore alla soglia di cui agli artt. 76 e 92 d.P.R. 115/2002. Semmai, quando il giudice che deve provvedere, a seguito delle verifiche degli uffici finanziari, anche ai sensi dell'art. 96, comma 2 d.P.R. cit., ritenga sussistenti gli estremi del reato dì cui all'art. 95 cit., dovrà trasmettere - come disposto nel caso di specie - gli atti al pubblico ministero, ma non potrà laddove non vi sia superamento della soglia stabilita dall'art. 76, negare la provvidenza (Sez. 4, n. 18945 del 27/03/2019, Naccarella Luciano, Rv. 276462)”.