Cass. Sez VIciv sent. n. 30286 pubbl 14 ott 2022
Il tribunale di Chieti ha respinto l’opposizione proposta dal difensore avverso il
provvedimento con cui il Giudice dell’udienza preliminare gli aveva liquidato il compenso per la difesa d’ufficio di una parte ammessa al gratuito patrocinio.
Il giudice dell’opposizione ha evidenziato che il provvedimento opposto aveva riconosciuto gli importi previsti per tutte le quattro fasi del procedimento ai sensi del D.M. n.55/2014, esauritosi con la sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato, dando altresì conto delle modalità con le quali le singole fasi erano state considerate.
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 132, comma primo, n. 4 c.p.c. e 111 Cost., sostenendo che il tribunale abbia -senza alcuna giustificazione - riconosciuto un compenso inferiore a quello richiesto e senza pronunciare sulla richiesta di aumento tariffario formulata dall’opponente.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 12 D.M. 55/2014, per non aver il tribunale pronunciato sulla richiesta di liquidazione dei compensi per le indagini preliminari, né motivato riguardo alla riduzione alla metà dei valori medi e alla liquidazione di un importo inferiore ai minimi tabellari.
Nel caso in esame appare, per contro, ampiamente assolto l’obbligo di motivazione sia riguardo alla liquidazione delle singole fasi, sia riguardo all’applicazione dei minimi tabellari.
Il Tribunale ha spiegato che già in fase di liquidazione erano state correttamente remunerate le attività ricomprese nella quattro fasi del procedimento previste dal D.M. n.55/2014 – dallo studio alla decisione della controversia - ovviamente considerando solo l'attività processuale effettivamente svolta, dando altresì conto delle modalità con le quali le singole fasi erano state considerate tanto per l'attività dinanzi al G.I.P., che per quella dinanzi al G.U.P., in modo da evitare duplicazioni.
L’applicazione dei valori minimi appare giustificata dalla semplicità delle questioni e dal limitato impegno profuso dal ricorrente.
Non si configura neppure un’omissione di pronuncia con riferimento ai compensi per la fase delle indagini preliminari, che il tribunale era tenuto a liquidare per fasi e non per singole prestazioni, come invero prescrive l’art. 4, D.M. 55/2014; appare inoltre implicitamente respinta – data la dichiarata semplicità delle questioni, già dibattute in un analogo processo – la richiesta di aumento del compenso rispetto ai valori tabellari medi. Al riguardo va ricordato che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una
specifica argomentazione (Cass. 2151/2021; Cass. 15255/2019; Cass. 103636/2007; Cass. 4972/2003).
In ordine all’applicazione della riduzione di un terzo, giova considerare che la liquidazione delle spettanze del difensore della persona ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato
non deve superare il valore medio della tariffa, né tale valore di partenza può essere ridotto al di sotto del minimo (Cass.4759/2022; Cass. 31404/2019; Cass. 26643/2011).
Sul compenso così determinato, anche se nei valori minimi, la successiva applicazione della ulteriore decurtazione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 106-bis, non costituisce violazione del minimo tariffario: si configura un contenuto sacrificio delle aspettative economiche del professionista, che non ne svilisce il ruolo, posto che la riduzione prevista dall'art. 106-bis cit. non riduce il compenso ad un valore meramente simbolico, né viene determinato a prescindere dalla valutazione della natura, contenuto e pregio dell'attività (Cass. 4759/2022).
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