Cass sez. IV pen sent. n. 10647 pubbl 14 mar 2024
Premesso che sin da SS.UU. n. 6591 del 27/11/2008 (seguite, tra le altre, da Sez. 4 - n. 8302 del 23/11/2021 (dep. 2022) Rv. 282716 - 01; Sez. 4, n. 40943 del 18/09/2015 - Rv. 264711 - 01, si è affermato il principio secondo cui integrano il delitto di cui all'art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002 le false indicazioni o le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di
certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio.
Trattasi di reato di pura condotta che si rapporta, dunque, ben oltre il pericolo di profitto ingiusto, al dovere di lealtà del singolo verso le istituzioni.
L'indagine del magistrato deve essere rigida e severa ai fini della configurazione del reato.
Quanto alla prova del dolo, quindi, occorre verificare con particolare attenzione se, alla stregua delle risultanze processuali, la falsità o l'omissione sia realmente espressiva di deliberato mendacio o reticenza sulle effettive condizioni reddituali o non sia piuttosto frutto di disattenzione, come tale non qualificabile come dolo.
Nel caso di specie, è stato escluso che la dichiarazione difforme dal vero resa dall'imputato potesse essere frutto di mera negligenza, atteso che lo stesso aveva chiaramente ed esplicitamente dichiarato che il reddito complessivo degli anni 2017 e 2018 ammontava ad Euro 7004,29 e di non essere proprietario di beni immobili o mobili registrati. Mentre gli accertamenti tributari, non contestati nella sostanza, avevano rilevato la percezione di un reddito da lavoro dipendente pari ad Euro 10134 solo per l'anno 2017, oltre alla intestazione pro quota di un immobile e dl una autovettura.
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