Cass sez II civ ord n. 11616 pubbl 30 apr 2024

Il Tribunale di Padova aveva revocato l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato alla società di mutuo soccorso e respinto l'opposizione.
La società propone ricorso per Cassazione.
Vengono accolti il secondo, terzo e il quarto motivo.
La questione ruota sostanzialmente intorno a due norme:
1)l'art 119 t.u.s.g. che recita: “Il trattamento previsto per il cittadino italiano è assicurato, altresì, allo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del procedimento da instaurare e all'apolide, nonché ad enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica”.
2)l'art 9 della legge n. 3818 del 1886 concernente la personalità giuridica delle società di mutuo soccorso che recita: Le Società di mutuo soccorso registrate in conformità alla presente legge, godono: 1. L' esenzione dalle tasse di bollo e registro, conferita alle Società cooperative dall'art. 228 del Codice di commercio;2. l'esenzione della tassa sulle assicurazioni e dell'imposta di ricchezza mobile come all'art. 8 del testo unico delle leggi d'imposta sui redditi della ricchezza mobile 24 agosto 1877, n. 4021;3. la parificazione delle opere pie pel gratuito patrocinio, per la esenzione dalle tasse di bollo e registro e per la misura dell'imposta di successione o di trasmissione per atti tra vivi;4. la esenzione di sequestro e pignoramento dei sussidi dovuti dalle Società ai soci

Nella sentenza in oggetto, la Corte, riguardo alla norma succitata sub 1), dà atto che la legge n. 3818 cit., all’art. 1, siccome novellato dal D.L. n.179/2012, recita: <>.

Riguardo, invece, alla norma succitata sub 2), la Corte chiarisce che, fermo restando la diversità di presupposti e struttura della società di mutuo soccorso riapetto alle opere pie, in quanto le prime si reggono sul principio di mutualità erogando servizi solo ai propri soci che sostengono l'attività con le proprie contribuzioni, “l’apparato del patrocinio a spese dello Stato nell’attuale disciplina ha ben più ampie finalità rispetto a quello “ab antiquo” chiamato “gratuito”, che certamente era mosso da spirito caritatevole in favore dei diseredati e delle opere di assistenza di costoro, ma non aveva finalità eccedenti quel minimo di tutela. L’attuale patrocinio a spese dello Stato (è financo superfluo precisarlo) è diretto, in adempimento del dovere di assicurare il diritto di difesa, garantito dall’art. 24 della Costituzione, a rimuovere gli ostacoli economici all’effettivo esercizio di un tal diritto fondamentale, in adempimento dei principi di cui agli artt. 2 e 3 Cost”.

Rispetto alla suddetta distinzione con le opere pie, la Corte assume come principio fondamentale quello che, in materia, è stato espresso dal Giudice delle Leggi nella ordinanza n. 128/2006 laddove viene spiegato che l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato degli enti senza finalità di lucro non è automatica, ma subordinata alle altre condizioni previste dalla legge (limite di reddito e non manifesta infondatezza).
In definitiva, si sottolinea nella sentenza in commento, “l’attività economica di cui all’art. 119 D.P.R. n. 115/2002 va rettamente intesa, in modo da ricomprendere non qualsivoglia attività, ma solo quelle che di fatto perseguano il fine lucrativo mediante un’organizzazione economica di tipo produttivo, ferma restando la necessità dello scrutinio circa la ricorrenza delle altre condizioni previste dall’art. 76 e ss. della stessa normativa”.

Di più: in chiave tributaria, la Corte ricerca la conferma di quanto sopra, nel principio espresso dalle SS.UU (sentenza n. 24883, 9/10/2008 conf. SS. UU. n. 9661/2009 ed anche Cass. 17252/2019)., laddove viene sancito che “l'art. 10, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 460 del 1997, sul riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) - a norma del quale si intende che vengono perseguite finalità di solidarietà sociale quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi siano dirette ad arrecare benefici a "persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari" - dev'essere interpretato nel senso che è sufficiente che ricorra almeno una delle predette condizioni di svantaggio, non rilevando ad escludere il fine solidaristico che le prestazioni siano fornite dietro pagamento di un corrispettivo sempre che non vi sia prova del perseguimento anche di un fine di
lucro attraverso la distribuzione degli utili ovvero il loro impiego per la realizzazione di attività diverse da quelle istituzionali o a queste connesse”.

In conclusione, il concetto di attività economica – quale elemento discriminante per l’ammissione al gratuito patrocinio – non può essere applicato in astratto, ma deve essere calato nella realtà delle singole fattispecie, mentre il provvedimento impugnato aveva identificato l’attività esplicata dalla ricorrente come attività economica contrastante con la finalità di una ONLUS, in tanto in quanto avrebbe svolto una <>.