Corte di Cassazione

Qui trovate l'elenco dei provvedimenti della Corte Suprema di Cassazione. Per leggere un provvedimento per intero, cliccare sul titolo o sulla dicitura "Leggi Tutto" in calce ad ogni pubblicazione.

Cass sez II civ sent. n. 6888 pubbl 14 mar 2025

La sentenza riguarda l'ipotesi di accoglimento da parte del giudice della istanza dopo l’iniziale rigetto del Consiglio dell’Ordine degli avvocati.
Il ricorrente aveva presentato opposizione all’ordinanza con la quale il Tribunale aveva liquidato i compensi spettanti al suo difensore, senza tenere conto di quelli relativi alle attività svolte anteriormente al deposito dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio ex art. 126, comma 3, d.p.r. 115/2002.
Il Tribunale aveva rigettato l’opposizione sul presupposto che gli effetti dell’ammissione al gratuito patrocinio, decisa dal giudice con decreto, non retroagiscono al momento della presentazione della prima istanza, rigettata dall'Ordine forense.
Il ricorrente ha sostenuto nel ricorso proposto dinanzi la Corte di Cassazione che, in tema di ammissione al gratuito patrocinio, se la relativa istanza, già rigettata o dichiarata inammissibile dal Consiglio dell’ordine degli avvocati, sia successivamente riproposta, con l’allegazione delle medesime ragioni, al magistrato competente per il giudizio e sia da questo accolta, gli effetti di tale ultima decisione decorrono dalla data di presentazione suddetta all’ordine professionale, così garantendosi, attraverso il controllo e il riesame riconducibile alla successiva decisione del magistrato, l’effettività del diritto di azione e difesa in giudizio del non abbiente.
La Suprema Corte ha, innanzitutto, riconosciuto la legittimazione ad agire del ricorrente.
La Cassazione, in particolare, ha evidenziato che, in tema di ammissione al patrocinio a spese dell'erario, qualora il magistrato competente per il giudizio accolga l’istanza, originariamente rigettata dal COA, con decorrenza ex nunc, e invece che a far tempo dall’originaria richiesta all’ordine professionale, la parte ammessa al beneficio è legittimata ad impugnare il relativo provvedimento, in quanto gli effetti dell’ammissione al beneficio non solo limitati al pagamento dei compensi e spese del difensore, ma si estendono: a)al pagamento delle spese di viaggio spettanti a testimoni e consulenti tecnici; b)al contributo unificato, alle imposte di bollo, di registro, catastale e ipotecaria; c)ai diritti di copia e alle spese per la notificazione e richiesta d’ufficio.
Di conseguenza, per la copertura di tali spese, sussiste l’interesse ad agire del patrocinato, e ciò contrariamente a quanto ritenuto in precedenti pronunce laddove si sosteneva che il difensore fosse l’unico legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di rigetto o di accoglimento solo parziale dell’istanza di liquidazione delle spese, quale unico titolare del diritto al compenso nei confronti dello Stato.
Con ciò si restringeva il dibattito al contenzioso riguardante l’art. 170 d.lgs. n. 150/2002, ossia la revoca del decreto di liquidazione e la determinazione del compenso al difensore, escludendo un coinvolgimento attivo del patrocinato nella contestazione della decisione.
La Cassazione ha, invece, evidenziato come, nel caso in esame, il giudizio non avesse ad oggetto la liquidazione del compenso del difensore, per la quale certamente l’avvocato è l’unico legittimato ad agire, ma riguardasse il diverso caso del riconoscimento dell’effetto ex tunc del decreto di ammissione al gratuito patrocinio. Se, infatti, la quantificazione del compenso è di esclusiva pertinenza del difensore, la decorrenza degli effetti dell’ammissione, in particolare quando ottenuta dopo l’iniziale rigetto dell'Ordine forense, incide direttamente anche sul patrocinato. Quest’ultimo, senza un riconoscimento della copertura retroattiva, si troverebbe a dover sostenere personalmente le spese affrontate nel periodo compreso tra il rigetto dell’istanza da parte del Consiglio dell’ordine e la successiva ammissione al gratuito patrocinio disposta, con decreto, dal giudice.
La Seconda Sezione Civile, in merito agli effetti del decreto di ammissione al gratuito patrocinio, ha affermato il seguente principio:
“Ove l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, respinta o dichiarata inammissibile dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati, sia stata successivamente presentata, sulla base della allegazione delle medesime ragioni e degli stessi dati e dichiarazioni, al magistrato competente per il giudizio e da questo accolta, gli effetti dell’ammissione al patrocinio decorrono dalla data in cui l’istanza è stata presentata al Consiglio dell’Ordine degli avvocati, sicché sono a carico dello Stato i compensi e le spese per l’attività di difesa e di rappresentanza in giudizio che medio tempore sia stata espletata in favore della parte poi ammessa al beneficio”.
In conclusione la pronuncia della Cassazione rappresenta un importante chiarimento sull’efficacia temporale del decreto di ammissione al gratuito patrocinio, in tanto in quanto tutela il patrocinato e garantisce l'accesso effettivo alla giustizia per chi si trova in condizioni economiche svantaggiate nel caso in cui l'Ordine forense abbia negato il beneficio che in seguito ad opposizione viene ammesso dal giudice competente.
Il testo della sentenza si può richiedere a segreteria@anvag.it

Cass sez. II civ ord. n. 4539 pubbl 20 Febbraio 2025

AVVOCATO E PROCURATORE - ONORARI - TARIFFE PROFESSIONALI - Onorari spettanti al difensore d’ufficio in caso di udienze di mero rinvio - Debenza - Fondamento

In tema di patrocinio a spese dello Stato, il difensore di ufficio dell'imputato irreperibile matura l'onorario anche in caso di partecipazione a udienze di mero rinvio poiché il tempo necessario allo svolgimento della prestazione incide esclusivamente sul quantum del compenso, non sull' an, considerato che nel processo penale l'assistenza del difensore è sempre obbligatoria, che questi svolge attività anche solo con la sua necessaria presenza e che il rinvio può essere determinato (come nella specie) dalla necessità di effettuare ricerche dell'imputato. (massima ufficiale)

“La partecipazione ad udienze di mero rinvio non incide sull’esistenza del diritto al compenso, comunque dovuto ai sensi del terzo comma dell’art. 12 d.m. n. 55 del 2014, ma semmai sulla sola quantificazione dello stesso, in uno con gli ulteriori criteri meglio specificati nel comma 1 della predetta disposizione.
In questi termini si è del resto già espressa questa Corte allorché, nell’interpretare il ridetto art. 12, comma 1, ha affermato, sia pure per una fattispecie affatto diversa da quella in esame, che il tempo
necessario per lo svolgimento della prestazione professionale rileva unicamente ai fini della quantificazione del compenso conseguentemente maturato, ma non può in alcun modo comportare che, in ragione della asserita brevità temporale di esecuzione della stessa, il compenso relativo possa essere addirittura negato (Cass., Sez. 6-2, 10/9/2020, n. 18791)”.

Cass sez VII pen sent n. 2886 pubbl 23 gen 2025

L'imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso l'ordinanza di
inammissibilità, deducendo che la dichiarazione di domicilio era presente in atti e, precisamente,
era contenuta nella istanza di ammissione al gratuito patrocinio
Le Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, intervenute di recente per risolvere un
contrasto interpretativo in ordine all'art. 581, comma 1 ter cod. proc. pen., hanno chiarito che,
seppure la dichiarazione di domicilio non deve necessariamente essere contenuta nell'atto di
appello, potendo risultare anche aliunde, l'atto di impugnazione deve però contenere il richiamo
espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua
collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l'immediata e inequivoca individuazione
del luogo in cui eseguire la notificazione ( SU 24 ottobre 2024, De Felice).
Nel caso in esame, l'atto di appello non conteneva alcun riferimento alla nomina del difensore con elezione di domicilio contenuta nella richiesta di gratuito patrocinio, né all'atto di impugnazione era allegata la relativa dichiarazione.

Cass. sez I civ ord. inter. n. 34898 pubbl. 30 dic 2024

Il Tribunale ordinario di Roma, con decreto in data 18 ottobre 2024, non ha convalidato il provvedimento di trattenimento in Albania
Il Tribunale ha ritenuto il provvedimento del Questore illegittimo in quanto adottato nell’ambito di una procedura accelerata alla frontiera disposta in assenza del requisito della provenienza del richiedente asilo da un paese di origine sicuro, secondo quanto richiesto dall’art. 28-bis, comma 2, lettera b-bis), del d. lgs. n. 25 del 2008 e dall’art. 31, paragrafo 8, della direttiva 2013/32/UE.
Il giudice a quo ha rilevato che, nella fattispecie al suo esame, il paese di provenienza del migrante – l’Egitto – è accreditato come sicuro dal decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con i Ministri dell’interno e della giustizia,
del 7 maggio 2024, ma con una eccezione per talune categorie di soggetti (oppositori politici, dissidenti, difensori dei diritti umani o coloro che possono ricadere nei motivi di persecuzione di cui all’art. 8, comma 1, lettera e, del d.lgs. n. 251 del 2007).
Ad avviso del Tribunale, la designazione come paese di origine sicuro operata dal decreto ministeriale non sarebbe conforme al diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (Grande Sezione) con la sentenza 4 ottobre 2024, nella causa C-406/22.

Per la cassazione del decreto di non-convalida del provvedimento di trattenimento, il Ministero dell’interno e, per quanto occorra, il Questore della Provincia di Roma hanno proposto ricorso, con atto notificato il 21 ottobre 2024, articolando due motivi di censura
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo, in attesa della decisione della Corte di giustizia sul rinvio pregiudiziale disposto, nell’ambito di altro giudizio principale, nelle cause C-758/24 e C-759/24, Alace e altri, dal Tribunale di Roma

Cass sez IV pen sent n. 38751 pubbl 22 ott 2024

Per il cittadino extracomunitario, al fine di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non è necessaria l'indicazione del codice fiscale, potendosi ovviare ad esso mediante la rappresentazione dei suoi dati anagrafici e del domicilio o sede legale all'estero.

Il caso
La Corte ha accolto il ricorso di un giovane del Mali, riformando la decisione del Tribunale di Milano che aveva respinto la domanda per usufruire del gratuito patrocinio perché privo del codice fiscale. Per i giudici meneghini non era valido quello che il suo difensore aveva ricavato attraverso un’applicazione on line, senza depositare i documenti richiesti per le verifiche fiscali utili per l’ammissione al beneficio.

La sentenza della Cassazione
La Corte rammenta che l'art. 79 t.u.s.g. prevede, a pena di inammissibilità della domanda di ammissione al patrocinio dei non abbienti, l’indicazione del codice fiscale.
La normativa relativa all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti (Dpr 605/1973 n.605) contempla la possibilità, per i soggetti non residenti nel territorio dello Stato, di supplire all’assenza del codice fiscale italiano non attribuito, con l’indicazione dei loro dati anagrafici e il domicilio fiscale.

In ossequio a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la ordinanza n. 144/2004 e poi ripreso anche nella recente sentenza n. 30047 della stessa odierna sez. 4 della Corte “alla stregua della normativa sopra indicata, agli effetti dell'ammissibilità dell'istanza diretta ad ottenere il beneficio in questione, nulla appare escludere la possibilità che lo straniero non residente in Italia, pure se residente in un paese UE, in luogo dell'indicazione del codice fiscale, fornisca i dati di cui all'art. 4 citato, oltre al proprio domicilio all'estero”.

Cass sez I civ ord n. 24641 pubbl 13 sett 2024

In materia di immigrazione, il giudice è tenuto a verificare l'esistenza di evenienze potenzialmente ostative all'esecuzione del provvedimento di espulsione, quali ad esempio il diritto del cittadino straniero al ricongiungimento familiare, anche nel procedimento di convalida del decreto di accompagnamento alla frontiera. anche nel giudizio di opposizione all'espulsione disposta ai sensi dell'art. 14, comma 5 ter, dello stesso d.lgs., e non nel solo caso di cui all'art 13, comma 2 bis, il giudice di pace deve tenere conto del rischio che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare del cittadino straniero, prendendo
specificamente in esame la natura e l'effettività dei suoi legami familiari, la durata del suo soggiorno nel territorio nazionale e l'esistenza di legami familiari, culturali e sociali con il suo paese d'origine.
“Poiché la parte ricorrente è ammessa ex lege al patrocinio a spese dello Stato (Cass.24102/2022) in un giudizio in cui è parte soccombente un’Amministrazione statale, non vi è luogo alla
regolazione delle spese, per il principio secondo il quale, qualora la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato sia vittoriosa in una controversia civile promossa contro un’Amministrazione
statale, il compenso e le spese spettanti al difensore vanno liquidati ai sensi dell’art. 82 d.P.R. n. 115 del 2002, ovvero con istanza rivolta al giudice del procedimento, e più precisamente, ai sensi dell’art. 83, comma 2, dello stesso d.P.R., nel caso di giudizio di cassazione, al giudice che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato, ovvero, in ipotesi di cassazione senza rinvio, al giudice
che ha pronunciato la sentenza impugnata (v. Cass. 11028/2009, 23007/2010, rese in fattispecie di cassazione con decisione nel merito); l’art. 133 del medesimo d.P.R., a norma del quale la
condanna alle spese della parte soccombente non ammessa al patrocinio va disposta in favore dello Stato, non può, infatti, riferirsi all’ipotesi di soccombenza di un’Amministrazione statale (Cass. 18583/2012, 22882/2018, 30876/2018, 19299/2021, nonché Cass. S.U. 24413/2021; da ultimo Cass.7749/2023).
Pertanto, le spese processuali, relative al giudizio sia di merito che di legittimità, andranno liquidate dal Giudice di pace di Siena”

Cass ss.uu. Ord. Interlocutoria n. 23308 pubbl 29 ago 2024

In merito ad una opposizione a decreto di liquidazione del compenso del difensore a carico dell'erario, la Corte di giustizia tributaria di II grado della Calabria, con ordinanza n. 905/01/2023 dell’11 ottobre 2023, ha declinato la giurisdizione demandatale dal Tribunale ordinario di Catanzaro, ritenendo la materia contesa nella giurisdizione del giudice ordinario. Ha dunque sollevato d’ufficio dinanzi a questa Corte -ex art. 59,comma 3, della l. 18 giugno 2009, n. 69- regolamento di giurisdizione.
La Corte a sezioni unite già si è occupata del conflitto negativo di giurisdizione insorto tra giudice ordinario e amministrativo, affermando che per le controversie che attengono all’opposizione avverso i decreti di liquidazione, ex art. 170 del d.P.R. 115 del 2002, la giurisdizione spetti al
giudice ordinario (Sez. U, 23 dicembre 2016, n. 26907; 20 luglio 2019, n. 20405), ritiene tuttavia opportuno un ulteriore approfondimento della materia

Cass sez IV pen sent n. 31197 pubbl 31 lug 2024

Semmai ve ne fosse stato bisogno , la Corte di cassazione si è dovuta occupare dell'autocertificazione dei redditi del richiedente e dei suoi familiari conviventi sì come previsto dagli artt. 76 (commi 1,2 e 3) e 79 dpr n. 115/02, il primo riguardante il reddito che “è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante” e il secondo che impone “una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell'interessato, ai sensi dell'articolo 46, comma 1, lettera o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell'articolo 76”.
La pretesa del Tribunale di Milano di una autocertificazione proveniente da ciascun titolare di reddito e facente parte della stessa famiglia è, secondo chi scrive, illogica e inammissibile e passibile, ove fosse previsto, di giusta sanzione.
(Il testo della sentenza può essere richiesto a segreteria@anvag.it)

Cass sez IV pen sent n. 30047 pubbl 23 lug 2024

Il Tribunale di Roma ha rigettato l'opposizione confermando il diniego del patrocinio a spese dello Stato, in quanto il richiedente cittadino straniero comunitario di nazionalità rumena, non residente in Italia, aveva indicato unicamente il codice fiscale della Romania e la residenza all’estero.

Secondo il Tribunale, in quanto cittadino dell’Unione Europea, avrebbe dovuto richiedere il codice fiscale ad un ufficio territoriale della Agenzia delle Entrate, precisando che l’ordinanza della Corte Costituzionale n. 144/2004, invocata dall’imputato avrebbe regolato il diverso caso di stranieri presenti irregolarmente nel territorio dello Stato ovvero il caso di impossibilità, per ragioni oggettive, a fornire il codice fiscale.

La Corte premette che l’articolo 79 del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 prevede, a pena di inammissibilità della domanda, l’indicazione del codice fiscale. In sede di disciplina dei casi in cui è obbligatoria l’indicazione del codice fiscale, il testo dell’articolo 6, secondo comma, del Dpr n. 605/1973 (Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti), prevede espressamente che «l’obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all’art. 4» - dello stesso Dpr - «con l’eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all’estero». Il citato art. 4, primo comma, lettera a), del Dpr (n. 605 del 1973) richiede, ai fini dell’attribuzione del numero di codice fiscale delle persone fisiche, esclusivamente i seguenti dati: cognome, nome, luogo e data di nascita, sesso e domicilio fiscale.

“Il ricorrente ha dedotto che, al momento del deposito dell’istanza, era presente in Italia da soli 40 giorni e che dunque aveva la titolarità non di un codice fiscale italiano, ma del codice fiscale del paese di residenza (la Romania), che aveva indicato nel ricorso unitamente al proprio domicilio nello stato di residenza”.

“Orbene, alla stregua della normativa sopra indicata, agli effetti dell'ammissibilità della istanza volta ad ottenere il beneficio in questione, nulla appare escludere la possibilità che lo straniero non residente in Italia, pure se residente in un paese UE, in luogo dell’indicazione del codice fiscale, fornisca i dati di cui all’art. 4 citato, oltre al proprio domicilio all’estero. Dalle norme in questione, infatti, non si ricava alcun onere, per il cittadino straniero non residente, di munirsi di un codice fiscale italiano al fine di avanzare la richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fermo restando l’obbligo, di cui all’art 76 del DPR 115 del 2002, di allegazione alla istanza del reddito prodotto come risultante dalla ultima dichiarazione presentata nel paese di residenza”.

“Né la lettura della ordinanza della Corte Costituzionale porta alle conclusioni cui è pervenuto il Tribunale di Roma. In quella sede, infatti, il giudice delle leggi, decidendo sulla legittimità costituzionale dell’articolo 79 DPR 115/ 2002 se interpretato nel senso di richiedere, a pena di inammissibilità, anche per il cittadino extracomunitario il codice fiscale, ha rilevato che la lettura congiunta dell’art. 6 e dell’art. 4 del DPR n. 605 del 1973 consentiva di ritenere sufficiente, per il cittadino straniero irregolare, la sola indicazione del domicilio nel paese estero. Dall’ordinanza citata non si ricava però, come si ritiene nel provvedimento impugnato, che il presupposto di applicazione dell’art. 4 DPR n.605 del 2002 sia il fatto che l’istante si trovi nella impossibilità di richiedere la titolarità del codice fiscale italiano”.
(chiedere a segreteria@anvag.it la copia integrale della sentenza)

Cass sez IV pen sent n. 29183 pubbl 18 lug 2024

Il Tribunale di Napoli ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da XX avverso il
decreto emesso il 09/09/2022 (comunicato il 19/09/2022), con la quale lo stesso Tribunale aveva rigettato l'istanza finalizzata all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato nell'ambito del procedimento penale a carico della suddetta.
Il Tribunale ha esposto che il ricorso doveva considerarsi tardivo ai sensi dell'art.99 del d.P.R. n.115/2002 in quanto proposto oltre il termine di venti giorni ivi previsto; atteso che, entro il detto termine, l'atto non era stato notificato all'Amministrazione finanziaria ed era stato depositato alla sola data del 29/03/2023.
La Corte rammenta che l'art.99 del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, stabilisce - in relazione all'ordinanza che decide sul ricorso avverso il provvedimento di diniego dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato - che: «L'ordinanza che decide sul ricorso è notificata entro dieci giorni, a cura dell'ufficio del magistrato che procede, all'interessato e all'ufficio finanziario, i quali, nei venti giorni successivi, possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge».
Va quindi richiamato il principio in base al quale nel procedimento per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato trovano applicazione le regole procedurali proprie del rito penale, per cui il ricorso in cassazione avverso l'ordinanza che decide sulla opposizione alla revoca del gratuito patrocinio
deve essere presentato mediante deposito presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, ai sensi degli artt. 582 e 583 cod. proc. pen., senza che abbia efficacia sanante la richiesta a quest'ultimo di inoltro del fascicolo processuale alla cancelleria della Corte di cassazione (Sez. 4, n. 16616 del 27/02/2019, Confortino, Rv. 275571, specificamente relativa al ricorso avverso l'ordinanza che decide sulla opposizione alla revoca del gratuito patrocinio - ai sensi dell'art.113 del d.P.R. n.115/2002 - e dettante un principio applicabile al caso in esame per identità di ratio; nonché, Sez. 4, n. 40478 del 27/09/2023, Anyanwu, Rv. 285068, resa in fattispecie analoga a quella in esame).

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